Ieri il decreto lavoro del governo Meloni è stato approvato ed è diventato legge. Un decreto che sicuramente aumenta il precariato e che non giova ai percettori del Reddito di Cittadinanza. Ma andiamo a vedere cosa cambia con questo nuovo decreto voluto dal governo Meloni. Il rinnovo senza causali nei primi 12 mesi, che consentirà alle imprese di moltiplicare i contrattini di pochi mesi senza giustificarne il motivo. E poi un ulteriore prolungamento del lavoro a termine senza vincoli: per firmare un contratto di durata fino a due anni (o prorogarne uno precedente dopo il primo anno) non servirà più dimostrare che ci sono specifiche necessità temporanee. Fino alla prossima primavera l’azienda non dovrà far altro che indicare “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva” a sua scelta.
Sono queste le principali novità che il decreto Lavoro, convertito in legge alla Camera con 154 sì, 82 contrari e 12 astenuti, regala ai lavoratori precari. Al momento oltre 3 milioni stando agli ultimi dati Istat. La seduta di ieri è stata sospesa dopo che i deputati M5S, alla fine dell’intervento di Giuseppe Conte, hanno esposto uno striscione giallo con la scritta “Basta vite precarie”, sventolando per protesta buste paga dei cittadini, bollette e documenti con rate dei mutui. Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro, ha definito il provvedimento “un concentrato di cinismo sociale, un incoraggiamento all’espansione del nero, una spintarella all’evasione contributiva, un colpo secco al sindacato, un manifesto carico di arroganza nei confronti della parte più debole della società”.
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La demolizione dei vincoli del decreto Dignità, già molto allentati durante la pandemia, favorirà ulteriormente le “condizioni di precarietà molto prolungate” rilevate anche dal governatore uscente della Banca d’Italia Ignazio Visco, che nelle sue ultime considerazioni finali ha ricordato come “resta prossima al 20% la quota di giovani che dopo cinque anni si trova in condizioni di impiego a tempo determinato” tra stage, attività stagionali e contratti brevi (per non parlare del lavoro nero). L’abolizione del reddito di cittadinanza farà il resto, togliendo ogni aiuto a 400mila famiglie che per arrivare a fine mese dovranno quindi accettare un’offerta purchessia.
Il provvedimento approvato dal governo Meloni il Primo maggio prevede poi una ridefinizione delle causali. Scompaiono le “esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività” e quelle “connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria”. Il contratto a termine potrà durare oltre 12 mesi, fino a 24, innanzitutto nei casi previsti dai contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale e dai contratti aziendali firmati dalle loro rsa o dalla rsu. Ma a livello aziendale, fanno notare gli esperti, i rappresentanti dei lavorati sono spesso disponibili a cedere su questi aspetti in cambio della promessa di future stabilizzazioni o dietro ricatti occupazionali.
Cosa cambia con il nuovo decreto Lavoro
Accantonata l’iniziale ipotesi di attribuire ai consulenti del lavoro il compito di “bollinare” le esigenze aziendali, in seconda battuta basterà che il ricorso al precariato sia consentito “nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti“. Una disposizione che – recuperando le motivazioni per l’apposizione di un termine previste dal decreto legislativo 368/2001- sembra non tener conto della evidente disparità di potere contrattuale tra lavoratore precario e datore. Rimane infine invariata rispetto al passato la possibilità di stipulare o prolungare un contratto a termine “in sostituzione di altri lavoratori”.
È stata poi introdotta via emendamento della leghista Elena Murelli la possibilità di rinnovo libero, senza causali, nel primo anno di contratto. La modifica non è retroattiva: per il computo dei 12 mesi si terrà conto solo dei contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore del decreto.
Per chiudere, oltre all’allargamento delle maglie per i contratti a termine il decreto prevede anche un’ulteriore liberalizzazione dei voucher. I datori che operano nei settori dei congressi, delle fiere, degli eventi, degli stabilimenti termali e dei parchi divertimento potranno usarli per pagare a un lavoratore fino a 15mila euro contro i 10mila precedenti. E viene anche estesa l’applicazione dei buoni: passa da 10 a 25 dipendenti a tempo indeterminato la soglia da non superare per poter ricorrere allo strumento. Ciliegina sulla torta, la ministra del Turismo Daniela Santanchè ha fortemente voluto che quest’estate sia lo Stato, e non gli imprenditori del comparto, a versare ai lavoratori un incentivo per i turni notturni e gli straordinari nei festivi. In modo che le imprese possano continuare a tener bassi i salari senza per questo rischiare di non trovare addetti.