Torniamo a parlare di salario minimo per aggiornarvi su quanto sta facendo il Cnel, l’ente (presieduto da Brunetta) delegato da Giorgia Meloni per occuparsi di questo argomento. Mancano quaranta giorni al 10 ottobre, ovvero alla data di consegna della proposta Cnel sul salario minimo. Al momento, però, secondo quanto riportato da Repubblica, siamo lontani dalla definizione di una bozza o un articolato. Il motivo non è solo tecnico, visto che Palazzo Chigi non ha ancora ratificato la nomina dei nuovi consiglieri e lo farà forse solo nel Cdm del 7-8 settembre. Il nodo è soprattutto politico. Vediamo perché.
Il presidente del Cnel Renato Brunetta propende per una soluzione nelle corde della premier Meloni e quindi a non definire un valore soglia per legge, come prevede la proposta Pd-M5S-Avs-Azione fissando i 9 euro all’ora. E predilige una sperimentazione limitata e settoriale. Il rischio è che il Cnel, casa delle parti sociali, imprese e sindacati, si spacchi e non produca nulla. O che affossi senza appello il testo di Schlein e Conte.
Se il nuovo Cnel fatica a nascere perché appeso ai passaggi burocratici e anche ai ricorsi di sindacati e associazioni datoriali sui diversi pesi assegnati dal governo nel “parlamentino” da 64 posti, il vecchio Cnel invece è operativo e in sella. Anzi proprio ieri è stata convocata un’assemblea per l’8 settembre proprio sul salario minimo. Il presidente Brunetta ha in programma una serie di audizioni, a partire da lunedì, di esperti interni ed esterni. A cui vorrebbe aggiungere anche i partiti. Gli uffici del Cnel nel frattempo sono impegnati nel lavoro di istruttoria e raccolgono audizioni, documenti, studi sul tema.
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"Spariti i 9 euro l'ora..."
Gli otto consiglieri esperti nominati dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella non possono essere ancora operativi. Nella lista ci sono il demografo Alessandro Rosina, le sociologhe Enrica Morlicchio e Ivana Pais, l’economista Carlo Altomonte, la presidente Asvis Marcella Mallen, il giurista Luca Nogler, l’esperta di energia Valeria Termini e il giuslavorista Michele Tiraboschi. I due consiglieri esperti nominati invece dalla premier Meloni sono gli avvocati Francesco Rotondi e Roberto Zazza, il primo titolare dello studio legale LabLaw che ha assistito la Gkn nella chiusura dello stabilimento di Firenze e il licenziamento di 430 dipendenti.
Di sicuro l’elaborazione del giuslavorista Tiraboschi sarà particolarmente utile al presidente Brunetta. Il docente ritiene «pericoloso» un salario minimo fissato dalla legge perché potrebbe indurre le aziende ad uscire dai contratti collettivi e limitarsi a pagare i 9 euro senza applicare gli altri diritti, certificando così il definitivo declino dei sindacati. Per Tiraboschi – come pure per Brunetta e Meloni – il lavoro povero non nasce solo dalle paghe da fame, ma dai contratti a tempo, dal part-time involontario, dai finti tirocini e le finte partite Iva. Inoltre pensare di intervenire solo sulla metà della platea dei 4 milioni di lavoratori poveri, escludendo cioè quelli domestici, sarebbe un controsenso.
Cosa dobbiamo aspettarci sul salario minimo
Di qui l’idea, accarezzata da Brunetta e già rilanciata dalla premier, di agire su quei due o tre contratti – sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil – che sono sotto i 9 euro, come i servizi di vigilanza e i multiservizi. Non si indicherebbe una soglia oraria fissa, ma una percentuale del salario mediano del settore di riferimento crescente negli anni, ad esempio 40-60-80% nei primi tre anni di sperimentazione.
Per ora si tratta di una suggestione. Come detto l’assemblea Cnel è spaccata. La Cisl è contraria a un minimo di legge. La Cgil appoggia la proposta delle opposizioni, purché ci sia anche una legge sulla rappresentanza che estenda a tutti i contratti più rappresentativi. La Uil è nel mezzo. Confindustria è neutra perché pensa di essere sopra i 9 euro in tutti i comparti. Commercio e artigianato del tutto contrari. Difficile fare sintesi.