Il Fatto Quotidiano ha svelato la lunga lista di spese “pazze” del governo Meloni. Nessuno chiede di tagliare i 300 metri di “nastrino tricolore” per le medaglie del Viminale da 1.500 euro, 22 milioni di consulenze l’anno magari sì. Neppure gli 11mila euro per il fotografo al seguito della Santanchè, visti i costi delle sue campagne per l’Italia. “Taglia tu, che mi vien da ridere” recita l’articolo del Fatto. Anche sul libro dei sogni del governo Meloni (pensioni, flat tax e superamento della Fornero) cala la scure del rigore. Tocca trovare 20 miliardi e rotti per la legge di Bilancio e Giorgia Meloni ha chiesto ai suoi ministri di tagliare 1 miliardo e mezzo di spesa nei prossimi tre anni.
Piantedosi, Schillaci e Nordio puntano i piedi: non c’è niente da tagliare, si mettono a rischio la sicurezza, le riforme etc. La Meloni col loden, del resto, è arrivata fuori tempo massimo, avendo concesso giusto a luglio a tutti i ministri di raddoppiare staff e collaboratori, pure un decreto per aumentare i dipendenti del Turismo da 150 a 324. In ultimo, è circolata una bozza di “decreto Sud” che assegna 500 milioni a Fitto per 2mila assunzioni che avrebbe infastidito non poco i colleghi.
Visti i numeri pare una bega politica tutta interna alla maggioranza, con la Lega che rema contro e le Europee sullo sfondo. Che ci siano margini per tagliare la spesa nei (e dei) ministeri è infatti certo, anzi certificato dal Mef, dove Giorgetti fa da scudo umano agli appetiti dei colleghi e dei partiti: a raccontarlo, più di bilanci e budget pluriennali, è infatti la banca dati Siope con cui il Tesoro da 20 anni monitora i pagamenti effettivi (diretti/indiretti/trasferimenti per costi propri e non) di tutte le amministrazioni dello Stato, ministeri compresi. Gli open data consentono confronti per singole voci di spesa – dal personale agli arredi, dalla carta ai costi di facchinaggio – un anno con l’altro, a partire dal 2015.
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Basta smanettarci un po’ per scoprire che la premier ben potrebbe contribuire all’“operazione risparmio” che pretende da altri: stracciando ogni record storico, nel 2022 Palazzo Chigi ha emesso pagamenti per 3,2 miliardi, il doppio del 2018. Nel mezzo del 2023 è già a quota 1,8. Dove corre questa spesa? Ad esempio alla voce “incarichi”: stando a Siope, cinque anni fa Chigi ne pagava per 2,6 milioni, nel 2022 la spesa è salita a 9,9 e a metà 2023 (dato aggiornato al 31 agosto) siamo già a 6,4. Difficile dar colpa all’inflazione.
Tra i confronti interessanti, il capitolo “armi”: i pagamenti della Difesa per “mezzi navali da guerra” passano da 26 milioni (2021) a 113 milioni (2022), le “armi pesanti” da 7,5 a 16,9. Per contro, quelli di Chigi per “beni di valore culturale, storico e archeologico” sono calati di 10 milioni (da 25 a 15,2).
Tutte le spese pazze del governo Meloni
Per funzioni e partecipate il Mef è il king size della spesa pubblica, insieme alla Sanità. Il confronto a cinque anni dice che nel 2018 il Tesoro “pagava” 267 miliardi. Nel 2022 salgono a quota 371, cioè 104 miliardi in più. Sarà mica tutto Superbonus? Il novello Diogene dei tagli dovrebbe posare la sua lampada austera tra gli “acquisti di attività finanziarie”: cinque anni fa, Via XX Settembre emetteva pagamenti per 108 milioni, nel 2023 la cifra indicata da Siope è 2,2 miliardi, come e dove non si sa. Tra le uscite correnti dell’anno scorso sono indicate “spese non classificate” per 58 milioni: vogliamo guardarci? E arriviamo ai due ministri che hanno esplicitato il loro dissenso ai tagli.
Nel 2022 quello di Giustizia ha pagato 1,2 miliardi di euro. Cinque anni fa non superava i 900 milioni. Anche qui, tanti punti di domanda: il capitolo di spesa n. 403 “altri servizi complessi” – qualunque cosa significhi – nel 2018 cubava 4,8 milioni di uscite, nel 2022 balza a 22,8 milioni. Via Arenula potrebbe approfondire. E veniamo al Viminale. Anche Matteo Piantedosi ha scelto la platea di Cernobbio per il suo altolà a tagli che minerebbero il cambio di rotta sulle assunzioni di personale (smentito dai sindacati). Per Siope i pagamenti globali negli ultimi due anni sarebbero aumentati di 200 milioni, arrivando nel 2022 a quota 20,6 miliardi. Anche qui, tocca chiedersi se sono necessari 22 milioni di euro di consulenze (aumentati di 3 milioni tra 2021-2022), 5,3 di pagamenti per “attività sociali, sportive e culturali” o perché la voce “canoni e utenze di telefonia fissa” sia balzata da 14,8 a 46 milioni, per mobile da 11 a 25. Per quanto personale nuovo rivendichi il ministro, sarà mica raddoppiato? Si chiede Il Fatto Quotidiano.