Autostrade Italiane nel caos: ecco quanti anni si è beccato l’ex capo

Nell’ambito del processo riguardante la tragedia del bus lungo l’A16 Napoli-Canosa avvenuta il 28 luglio 2013, la Corte d’Appello di Napoli ha recentemente emesso una sentenza di condanna per quattro imputati, l’ex ad di Autostrade Giovanni Castellucci, l’allora direttore generale Riccardo Mollo e altri due dipendenti di Aspi, Massimo Giulio Fornaci e Marco Perna. Tutti e quattro sono stati condannati a 6 anni di carcere dalla Corte d’Appello di Napoli che ha ribaltato la sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Avellino. Durissima la replica dello stesso Castellucci, che accusa: “Una giustizia condizionata dalla esigenza superiore di trovare un capro espiatorio in presenza di tante vittime”. L’ex ad di Aspi parla di “falsità e disinformazione“, respingendo le responsabilità connesse al suo ruolo: “Come se i principi dell’affidamento non esistessero”. Di segno opposto la reazione del Comitato in ricordo delle vittime del ponte Morandi: “Con la sentenza d’appello per la strage di Avellino riappare la luce in questa grave vicenda in cui la protagonista è ancora Autostrade per l’Italia, con azionariato di maggioranza Benetton e con l’amministratore delegato Castellucci”, afferma la portavoce Egle Possetti. “Dobbiamo tutti riflettere a fondo sull’importanza delle intercettazioni nella ricerca della verità”, sottolinea ancora Possetti.

Giovanni Castellucci ha risposto con una forte critica, sostenendo che la giustizia è stata influenzata dalla pressione di trovare un capro espiatorio a causa del grande numero di vittime coinvolte. Ha denunciato “falsità e disinformazione” e respinto le accuse legate al suo ruolo, difendendo i principi dell’affidamento.

D’altra parte, il Comitato in ricordo delle vittime del ponte Morandi ha accolto positivamente la sentenza di appello, sottolineando il ruolo centrale di Autostrade per l’Italia, con azionariato di maggioranza dei Benetton e con l’amministratore delegato Castellucci, nella vicenda.

In appello il sostituto procuratore generale, Stefania Buda, aveva chiesto la condanna a dieci anni per Castellucci e di applicare agli imputati assolti le condanne chieste in primo grado. Il bus, che aveva percorso oltre un milione di chilometri circolava con un certificato di revisione falso, secondo l’accusa, grazie alla complicità di Ceriola. Le difese degli imputati, anche in sede di appello, hanno chiesto l’assoluzione di tutti gli imputati. Come nel primo grado di giudizio, anche in secondo grado sono stati due i principali versanti sui quali si fronteggiano accusa e difese: la manutenzione delle barriere di sicurezza autostradali e lo stato di manutenzione e sicurezza del bus.

I turisti tornavano a casa da una gita di alcuni giorni a Telese Terme (Benevento) e nei luoghi di Padre Pio, a Pietrelcina. Erano partiti da Pozzuoli (Napoli) con il bus della stessa agenzia alla quale si erano già rivolti per organizzare spiccioli di vacanza in comune e a buon prezzo, 150 euro a persona tutto compreso, e con la quale avevano già programmato un nuovo viaggio al santuario mariano di Medjugorje. Lungo la discesa dell’A16 Napoli-Canosa, nel territorio di Monteforte Irpino, il bus guidato da Ciro Lametta, fratello del proprietario dell’agenzia Mondo Travel che aveva organizzato il viaggio, cominciò a sbandare dopo aver perso sulla carreggiata il giunto cardanico che garantisce il funzionamento dell’impianto frenante. Dopo aver percorso un chilometro senza freni, ondeggiando a destra e sinistra, tamponando le auto, una quindicina, che trovava sul percorso, il bus nel tentativo di frenare la corsa si affiancò alle barriere protettive del viadotto Acqualonga che cedettero facendolo precipitare nel vuoto da un’altezza di 40 metri.

Castellucci

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