In Italia, la questione del salario minimo è oggetto di un dibattito acceso. Il salario minimo è stato oggetto di discussioni e proposte, ma secondo il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel), non rappresenta una soluzione completa per affrontare il problema della povertà lavorativa nel paese. Questa povertà lavorativa è il risultato di vari fattori, tra cui la durata delle ore lavorative e la composizione familiare dei lavoratori. Di conseguenza, il Cnel ha respinto una proposta di legge sul salario minimo presentata dalle forze di opposizione e ha invece suggerito di concentrarsi su un piano di azione nazionale per rafforzare il sistema della contrattazione collettiva.
Tuttavia, una critica a questa posizione del Cnel è che molti contratti collettivi, inclusi quelli sottoscritti dai sindacati più rappresentativi, stabiliscono salari minimi che sono significativamente inferiori ai 9 euro previsti dalla proposta di legge sul salario minimo. Questo solleva dubbi sulla validità delle argomentazioni del Cnel riguardo alla contrattazione collettiva e al rispetto delle direttive dell’Unione Europea in materia di salario minimo.
Secondo il Cnel, l’Italia ha già una legislazione che rispetta ampiamente le indicazioni dell’UE sul salario minimo, con una copertura della contrattazione collettiva che si avvicina al 100%, molto al di sopra dell’80% indicato dalla direttiva europea. Tuttavia, questa affermazione solleva interrogativi, in quanto il tasso di copertura potrebbe non riflettere la qualità o l’effettiva adeguatezza dei salari pattuiti nei contratti collettivi.
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CNEL contro il salario minimo
Inoltre, il documento del Cnel riconosce la criticità dei ritardi nel rinnovo dei contratti collettivi, un problema che coinvolge sia il settore privato che quello pubblico. Tuttavia, il Cnel non ritiene che questo sia necessariamente correlato a salari inadeguati o alla mancanza di meccanismi di adeguamento contrattuale. Si fa riferimento, ad esempio, alle “misure ponte” previste da alcuni contratti, come quello del terziario, che sono progettate per affrontare il problema almeno nel breve termine, come nel caso del 2023.
È interessante notare che il documento del Cnel mette in evidenza anche la disparità tra i sindacati rappresentati e quelli non rappresentati in seno al Cnel. I sindacati rappresentati firmano un numero significativamente maggiore di contratti collettivi nazionali che coprono un vasto numero di lavoratori dipendenti, mentre i sindacati non rappresentati hanno una presenza molto limitata. Questo solleva ulteriori questioni sulla rappresentatività sindacale e sulle disparità nell’accesso ai negoziati contrattuali.
In conclusione, la questione del salario minimo in Italia è complessa e coinvolge una serie di fattori, tra cui la contrattazione collettiva, i salari effettivi pattuiti nei contratti e i ritardi nel rinnovo dei contratti. Il dibattito è destinato a continuare, e sarà interessante vedere come evolverà nel tempo per affrontare la povertà lavorativa nel paese. Non c’è dubbio, però, che l’Italia ne abbia un disperato bisogno.
La reazione del M5S
Ecco la reazione di Patuanelli del M5S: “Casualmente il CNEL, guidato da Brunetta che si era già espresso ed aveva di fatto bloccato la nostra proposta di salario minimo nel Governo Draghi, ha bocciato quella che sarebbe una legge di civiltà presente nella quasi totalità dei paesi europei.
Diciamo che si conclude così l’ennesima farsa del Governo Meloni, dove si chiedono ad amici o presunti tali dei pareri dopo averli piazzati in luoghi più o meno prestigiosi.
Il quadro che viene restituito è quello di una lenta ma inesorabile restaurazione, dove la crescita del Paese torna ad essere dello zero virgola e dove i salari non riescono a stare al passo con l’inflazione.
Ovviamente, se dal punto di vista sociale le cose vanno come tutti sanno, dal punto di vista delle attività produttive è anche peggio: eliminati Superbonus e Transizione 4.0, il Governo ha pensato bene di sostituire queste misure che hanno portato crescita economica con il nulla.
Ieri il Ministro dell’Economia ha detto che hanno agito come un medico che, anche se fa male, agisce per il bene del paziente. Possiamo senz’altro dire che l’operazione è riuscita in appena un anno, ma il paziente Italia è in fin di vita”.
Anche Fratoianni di Sinistra Italiana ci va giù duro: “Casualmente il CNEL, guidato da Brunetta che si era già espresso ed aveva di fatto bloccato la nostra proposta di salario minimo nel Governo Draghi, ha bocciato quella che sarebbe una legge di civiltà presente nella quasi totalità dei paesi europei.
Diciamo che si conclude così l’ennesima farsa del Governo Meloni, dove si chiedono ad amici o presunti tali dei pareri dopo averli piazzati in luoghi più o meno prestigiosi.
Il quadro che viene restituito è quello di una lenta ma inesorabile restaurazione, dove la crescita del Paese torna ad essere dello zero virgola e dove i salari non riescono a stare al passo con l’inflazione.
Ovviamente, se dal punto di vista sociale le cose vanno come tutti sanno, dal punto di vista delle attività produttive è anche peggio: eliminati Superbonus e Transizione 4.0, il Governo ha pensato bene di sostituire queste misure che hanno portato crescita economica con il nulla.
Ieri il Ministro dell’Economia ha detto che hanno agito come un medico che, anche se fa male, agisce per il bene del paziente. Possiamo senz’altro dire che l’operazione è riuscita in appena un anno, ma il paziente Italia è in fin di vita”.