Intervistato fuori dalla Camera dei deputati, il presidente del M5S Giuseppe Conte ha usato parole di fuoco contro Giorgia Meloni e il CNEL presieduto da Renato Brunetta. Sentite cosa ha detto Conte: “Giorgia Meloni affossa il salario minimo con la complicità del Cnel di Brunetta, voltano le spalle a quasi 4 milioni di lavoratori e lavoratrici sottopagati. Eppure noi non ci rassegniamo: domenica saremo in piazza per il ‘firma day’, per raccogliere le firme, perché quando la discussione parlamentare riprenderà ci sarà la voce dei cittadini a dar manforte a questa riforma giusta”. Così il leader di M5S, Giuseppe Conte, parlando con i cronisti all’uscita di Montecitorio.
“Visto che la premier Meloni vuole impratichirsi di diritto e si diletta a leggere i provvedimenti dei giudici, le consigliamo di leggere e farsi spiegare le recentissime sentenze della Cassazione, che hanno detto che l’articolo 36 della Costituzione, il principio della giusta retribuzione, va attuato sempre e comunque – ha aggiunto Conte – è un principio inderogabile e non basta tutelarlo con la contrattazione collettiva”.
Come avevamo già anticipato in un precedente articolo, secondo il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel), il salario minimo non rappresenta una soluzione completa per affrontare il problema della povertà lavorativa nel paese. Questa povertà lavorativa è il risultato di vari fattori, tra cui la durata delle ore lavorative e la composizione familiare dei lavoratori. Di conseguenza, il Cnel ha respinto una proposta di legge sul salario minimo presentata dalle forze di opposizione e ha invece suggerito di concentrarsi su un piano di azione nazionale per rafforzare il sistema della contrattazione collettiva.
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Tuttavia, una critica a questa posizione del Cnel è che molti contratti collettivi, inclusi quelli sottoscritti dai sindacati più rappresentativi, stabiliscono salari minimi che sono significativamente inferiori ai 9 euro previsti dalla proposta di legge sul salario minimo. Questo solleva dubbi sulla validità delle argomentazioni del Cnel riguardo alla contrattazione collettiva e al rispetto delle direttive dell’Unione Europea in materia di salario minimo.
Secondo il Cnel, l’Italia ha già una legislazione che rispetta ampiamente le indicazioni dell’UE sul salario minimo, con una copertura della contrattazione collettiva che si avvicina al 100%, molto al di sopra dell’80% indicato dalla direttiva europea. Tuttavia, questa affermazione solleva interrogativi, in quanto il tasso di copertura potrebbe non riflettere la qualità o l’effettiva adeguatezza dei salari pattuiti nei contratti collettivi.
Meloni e CNEL contro il salario minimo
Inoltre, il documento del Cnel riconosce la criticità dei ritardi nel rinnovo dei contratti collettivi, un problema che coinvolge sia il settore privato che quello pubblico. Tuttavia, il Cnel non ritiene che questo sia necessariamente correlato a salari inadeguati o alla mancanza di meccanismi di adeguamento contrattuale. Si fa riferimento, ad esempio, alle “misure ponte” previste da alcuni contratti, come quello del terziario, che sono progettate per affrontare il problema almeno nel breve termine, come nel caso del 2023.
È interessante notare che il documento del Cnel mette in evidenza anche la disparità tra i sindacati rappresentati e quelli non rappresentati in seno al Cnel. I sindacati rappresentati firmano un numero significativamente maggiore di contratti collettivi nazionali che coprono un vasto numero di lavoratori dipendenti, mentre i sindacati non rappresentati hanno una presenza molto limitata. Questo solleva ulteriori questioni sulla rappresentatività sindacale e sulle disparità nell’accesso ai negoziati contrattuali.