Durante l’ultima puntata di Fratelli di Crozza, Maurizio Crozza ha commentato una notizia passata fin troppo sottotraccia questa settimana. Si tratta dei tagli sulla sanità voluti dal governo Meloni, ma non solo. Secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano, infatti, l’esecutivo starebbe investendo dai 2 ai 4 miliardi di euro per l’acquisto di nuovi Leopard, i famosi carri armati di cui si è tanto discusso fin dall’inizio della guerra in Ucraina. “Sono utilissimi, se ci pensi, perché se li usi come ambulanze non è male… Prima schiaccia tutto il traffico e poi ti sparano direttamente all’accettazione, non è male” dice Crozza nel suo monologo.
In effetti, già a luglio il sottosegretario Isabella Rauti aveva annunciato in commissione Difesa della Camera che, nel prossimo Documento Programmatico Pluriennale (2023-2025) prodotto dal ministero della Difesa, sarebbero stati stanziati fondi per l’acquisto di carri armati Leopard 2A8. Un esborso da calcolare in circa 4-6 miliardi di euro. La Rauti aveva parlato di un fabbisogno complessivo per l’Esercito di circa 250 mezzi, compresi i 125 carri Ariete che sono in fase di aggiornamento.
In estate, scriveva Il Fatto Quotidiano, la componente corazzata italiana, sulla carta, puntava su due brigate pesanti, l’Ariete con due reggimenti carri (il 32° e il 132°) e la Garibaldi, con un reggimento carri (il 4°). Ognuno di questi reparti ha un solo battaglione su 41 carri: tre compagnie da 13 più il carro del comandante di battaglione e del comandante di reggimento. Quindi, in totale, la componente corazzata italiana risulterebbe dotata di 123 MBT (Main Battle Tank) operativi.
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In realtà, le due brigate menzionate – come confermò il Colonnello Maurizio Parri, già comandante del 132° Reggimento Carri Ariete – hanno visto, negli ultimi 25 anni, deteriorare progressivamente le proprie capacità operative, in quanto i fondi per il supporto logistico e l’addestramento venivano convogliati verso l’acquisizione di equipaggiamenti più idonei alle operazioni di supporto alla pace. La componente corazzata – insieme all’artiglieria – è stata relegata in secondo piano, le guerre convenzionali non si sarebbero più combattute, secondo le letture date dal blocco Nato, con ciò sembrava inutile destinarvi le già scarse risorse della Difesa.
Ciò ha influito in modo assai negativo sull’addestramento dei carristi la cui consistenza nell’arco degli ultimi 25 anni si è ridotta del 33%. Da molti anni ormai l’unica attività possibile con i mezzi corazzati è a livello di plotone e assai raramente di compagnia, mentre la guerra ucraina sta dimostrando che manovrare formazioni di veicoli corazzati/blindati a così bassi livelli organici comporta perdite notevoli e il fallimento della maggior parte delle azioni.
Accortosi di questo, lo Stato Maggiore dell’Esercito, già nel 2018 ha lanciato un programma di aggiornamento dei carri Ariete in dotazione alle due Brigate. Dei 200 acquisiti tra il 1998 e il 2002 ne sono rimasti efficienti non più di 30. Parliamo di carri armati progettati nella metà degli anni ’80 dello scorso secolo, già allora con grosse criticità, quali la scarsa protezione passiva e il poco potente propulsore, un turbodiesel V12 in grado di erogare solamente 1.265 cv di potenza, per una massa complessiva di 54 tonnellate. Il programma di aggiornamento di 123 carri Ariete (più due prototipi) terminerà nel 2035 e costerà alla casse dello stato, secondo l’ultimo DPP pubblicato, 998 milioni di euro. Insomma, l’Esercito destina quasi un miliardo per rivitalizzare carri ormai vecchi e dalle scarse capacità operative, il problema è che questi soldi si prendono dalla sanità, non di certo dove bisognerebbe tagliare oggi.