Pignoramenti dei conti correnti, svelato il bluff di Meloni: vale un miliardo per il fisco. La denuncia di Danilo Toninelli.
Danilo Toninelli ha fatto un video sui social in cui avverte i cittadini dell’ennesimo bluff di Giorgia Meloni. “Ci sono i pignoramenti dei conti correnti nella manovra di bilancio? Perché Meloni ha detto ‘non se ne parla’ quando si è accorta che nella prima bozza erano presenti. Ma ora che è arrivata finalmente la manovra di bilancio siamo andati a leggerla. All’articolo 23 c’è scritto: una modalità precisa di pignoramento automatico da parte del fisco dei soldi all’interno dei conti correnti. In cui entrano senza chiedere il permesso del titolare del conto corrente! Quindi dovremmo domandare, ma qui non se ne parla, come mai è stato scritto ma Meloni nega?” si chiede Toninelli nel suo ultimo video.
Ci sono i pignoramenti dei conti correnti in manovra?
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Come riporta anche Il Fatto Quotidiano, i pignoramenti per il fisco valgono un miliardo e 42 milioni nel biennio 2025-2026, precauzionalmente ridotti a 729 milioni di euro. A tanto ammonta il maggior gettito stimato per la misura che facilita i pignoramenti dei conti correnti da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, al centro di uno psicodramma della maggioranza. La rivolta di Lega e Forza Italia, infatti, aveva portato a un intervento diretto della premier con tanto di veline di Palazzo Chigi: “Non se ne parla questa norma non passa”, avrebbe detto Giorgia Meloni.
E invece, come aveva già fatto notare il Fatto, si trattava di un bluff. Il pignoramento dei conti esisteva come possibilità prima e resterà anche dopo. La norma consentiva all’agente della riscossione di controllare prima se nel conto ci sono soldi e andare così a colpo sicuro senza procedere al buio come avviene oggi. Nella prima versione, la previsione era esplicita: “Prima di procedere al pignoramento dei conti correnti (…) l’agente della riscossione può, in fase stragiudiziale, accedere alle informazioni relative alle disponibilità giacenti sui predetti conti”. A quel punto si invia la richiesta alla banca e al debitore. I dettagli erano demandati a un decreto che il Tesoro avrebbe dovuto discutere con Abi, Poste e Garante della privacy (escludendo comunque i debiti inferiori a mille euro).
Cosa cambia adesso
La formula diventa solo implicita: per velocizzare i pignoramenti e impedire “il pericolo di condotte elusive da parte del debitore, l’agente della riscossione può avvalersi, prima di avviare l’azione di recupero coattivo, di modalità telematiche di cooperazione applicativa e degli strumenti informatici, per l’acquisizione di tutte le informazioni necessarie al predetto fine, da chiunque detenute”. Tradotto: il pignoramento dei conti, in caso di debiti con l’erario (passato un anno dalla notifica della cartella senza che il contribuente l’abbia contestata e inviato un nuovo avviso) c’era prima e ci sarà ancora. Ora la Riscossione potrà controllare se ci sono soldi o altro presso terzi prima di farlo: cioè quello che era previsto nella prima bozza resta anche nella nuova, ma con una formulazione più vaga che lascia maggior discrezionalità al Tesoro nell’emanare il solito decreto attuativo affidato al viceministro Maurizio Leo.