Caso Verdini, la Lega vuole scaricare Salvini: ecco perché

La Lega ha deciso di scaricare Salvini dopo il caso del figlio di Denis Verdini. Ecco cosa sta succedendo.

Non tira un’aria positiva nella Lega di Salvini dopo il caso del figlio di Verdini. Ricordiamo che Tommaso Verdini è finito ai domiciliari nell’ambito del caso commesse Anas. Il meccanismo che emerge nelle 77 pagine dell’ordinanza avrebbe funzionato come una perfetta triangolazione. Gli imprenditori pagavano alla Inver laute somme con contratti di finte consulenze. In cambio venivano favoriti negli appalti Anas, ottenendo informazioni riservate e aiuto su gare in corso di pubblicazione o svolgimento.

I dirigenti Anas, compiacenti a loro volta, avrebbero avuto la promessa di avanzamenti di carriera, nomine in ruoli apicali o riconferme da ottenere tramite appoggi politici. “Con alcuni dirigenti stiamo cercando di dargli una mano a fare carriera”. Dice Tommaso Verdini intercettato. “Questa è corruzione in cambio di appalti”, ammette il suo socio, Fabio Pileri, spaventato dalle indagini.

La reazione della Lega

In casa Lega niente di nuovo per chi da via Bellerio ha visto sollevarsi analoghe tempeste dopo l’indagine su Luca Morisi (padre della «Bestia») e l’apertura del cosiddetto Russiagate. Ma in questo caso c’è chi dalla Lega Nord inizia a stancarsi di Salvini e lo vorrebbe scaricare. Al leader leghista dà fastidio l’equazione che avversari politici e taluni osservatori stabiliscono tra il suo legame sentimentale con Francesca Verdini e le contestazioni che gli inquirenti muovono al fratello e al padre della sua compagna. Come se il sottinteso delle richieste di parlare in Aula fosse che sapesse dei presunti comportamenti disinvolti. O, addirittura, che con il suo ruolo offrisse una sorta di copertura a chi voleva oliare i meccanismi degli appalti.

"Salvini ci diceva di evitare Verdini"

I fatti, però, dicono altro. Il vero stratega, si legge nell’ordinanza, era l’ex senatore, Denis Verdini. Socio non sulla carta, ma di fatto della Inver, tessitore della rete di relazioni nei palazzi, che avrebbe percepito introiti in nero fino a 20 mila euro al mese. Le indagini, partite da un pacchetto di gare da 180 milioni di euro per il risanamento di una serie gallerie, iniziano alla fine del 2021. Ma gli ultimi pagamenti registrati a maggio di quest’anno. Il sistema funzionava da almeno due anni e continuava a operare adesso. Si muoveva in modo fluido con frenate e accelerate a seconda delle circostanze. Ad esempio, quando scattano le prime perquisizioni della Guardia di Finanza, nel luglio 2022, gli imprenditori si eclissano.

L'indagine

Pileri racconta che uno di loro voleva tirarsi indietro ma – scrivono testualmente i Pm nell’ordinanza – “una volta che Salvini – vicino ai Verdini – viene nominato ministro si sarebbe riavvicinato per rinnovare il contratto”. Lo stesso Pileri, intercettato, parla di un accordo di collaborazione con la Lega. In virtù del quale era stata messa a punto una lista di amici da collocare nel gruppo Fs. “Al Mef è entrato un amico”, dice citando il sottosegretario al ministero dell’Economia, Federico Freni. Che si sarebbe messo disposizione. Il sottosegretario, non indagato, si è detto del tutto estraneo. “Ho incontrato alcune di queste persone – ha spiegato – ma nessuno mi ha mai formulato richieste inopportune”. Tra i reati contestati agli indagati a vario titolo, corruzione, traffico di influenze illecite e turbativa d’asta. “Le misure cautelari, scrive il gip, si sono rese necessarie per il pericolo di reiterazione dei reati. Gli indagati hanno agito con spregiudicatezza, proseguendo i loro rapporti illeciti anche a indagini in corso”.

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