Meloni e Lega hanno votato a favore della riforma della Pac, che gli agricoltori contestano. Ecco cosa è successo.
Meloni e Lega hanno votato a favore della riforma della Pac, che gli agricoltori contestano. Come riporta Open, c’è un filo rosso che lega le proteste degli agricoltori che da inizio anno si stanno diffondendo a macchia d’olio in tutta Europa. Si tratta della Pac, la Politica agricola comune, che rappresenta il principale strumento attraverso cui l’Unione europea regola i sussidi destinati al settore. L’ultima riforma della Pac è stata approvata nel 2021 e ha introdotto alcuni obblighi ambientali per rendere l’agricoltura più sostenibile e ridurre la quota di emissioni climalteranti, circa l’11% del totale di gas serra prodotti dai Paesi dell’Unione europea. Questi nuovi paletti sono vissuti come un vero e proprio fardello da una parte degli agricoltori, che protestano per chiedere limiti meno stringenti e una revisione generale delle regole della Pac. Il loro malcontento, in Italia così come in altri Paesi europei, è stato cavalcato soprattutto dai partiti di destra, che nell’ultima legislatura si sono opposti a buona parte dei provvedimenti che rientrano nel Green Deal, il pacchetto di misure attraverso cui l’Ue punta a raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050.
Agricoltori infuriati
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In occasione del Consiglio europeo straordinario a Bruxelles, il leader della Lega Matteo Salvini ha condiviso alcune immagini delle proteste e si è schierato «dalla parte di agricoltori e produttori che si fanno sentire per chiedere lo stop a decisioni ideologiche e lontane dalla realtà». Sulla stessa linea anche il ministro Francesco Lollobrigida, che ha bollato come «semplicemente folli» le politiche «dell’Unione Europea, avallate dai Governi che ci hanno preceduto» e che usano «la sostenibilità ambientale come una clava». Antonio Tajani, ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia, ha accusato invece Bruxelles di «sacrificare l’uomo e il lavoro in nome del nuovo panteismo» in difesa del clima. La protesta degli agricoltori, insomma, è stata cavalcata dai principali partiti di destra e centrodestra, che ora chiedono di ascoltare le richieste del settore e fare un passo indietro su alcune misure della Pac riconducibili agli obiettivi del Green Deal.
La riforma della Pac approvata nel 2021 stanzia complessivamente 387 miliardi di euro, circa un terzo del totale del bilancio dell’Unione Europea, da distribuire tra il 2023 e il 2027. Una delle principali novità del provvedimento è il meccanismo della «condizionalità sociale». Per accedere agli aiuti comunitari, le aziende agricole sono tenute a rispettare le leggi sul lavoro e contro il caporalato ma devono anche sottostare ad alcuni “paletti” ambientali. A partire dal 2024, per esempio, chi possiede una superficie superiore a 10 ettari è obbligato a lasciare a riposo almeno il 4% del proprio terreno. Questa misura è stata una delle più contestate dagli agricoltori, che alla fine sono riusciti a convincere la Commissione europea a fare un passo indietro e posticipare al 2025 l’entrata in vigore. In generale, l’ultima versione della Pac è stata agganciata a una serie di obiettivi di sostenibilità ambientale. Il piano Farm to Fork prevede per esempio di riconvertire entro il 2030 almeno il 25% dei terreni coltivati ad agricoltura biologica. Altri dossier relativi alla transizione del settore sono ancora in fase di definizione, a partire dalla proposta per ridurre l’uso di pesticidi o la contestata nature restoration law. Attraverso questi dossier, l’Ue punta ad accompagnare le aziende agricole verso un modello più sostenibile e meno inquinante. Ma tra gli agricoltori restano ancora parecchie perplessità, che finora sembrano essere state intercettate soprattutto dai partiti conservatori.