La storia della 55enne italiana che vive al limite della povertà: “Non vedo i miei figli da un anno”

Ecco la lettera scritta da una 55enne costretta a emigrare al Nord che vive sulla soglia di povertà. E il governo che fa?

La storia l’ha riportata Fanpage ed è quella di una donna di 55 anni, Deborah, costretta a trasferirsi al Nord e che vive sulla soglia di povertà. “Nel 2018 mi sono trasferita in provincia di Treviso per cercare lavoro e l’ho deciso dopo la separazione da mio marito – ha raccontato -. Prima di allora mi ero dedicata alla crescita dei miei figli e alla mia famiglia, era stata una mia scelta, ma poi c’è stata la necessità di lavorare. Ho iniziato a iscrivermi alle agenzie per trovare un impiego, ma non si apriva alcuna strada”.

Con tanta fatica, Deborah era riuscita a trovare un lavoro in un agriturismo. “Ci ho lavorato per un anno – ha spiegato – ma sempre in nero. Sono stata sfruttata e sottopagata senza neanche un contratto. Con i soldi che guadagnavo dovevo anche pagarmi l’affitto di una stanza all’interno della struttura stessa: 600 euro per una camera, un bagno e un fornello per cucinare qualcosa. Il datore di lavoro mi chiamava a tutte le ore del giorno e della notte. Una volta gli dissi che avevo già svolto tutte le ore previste nel mio turno e lui mi rispose: ‘Qui lavoriamo, non ci si riposa’. Dopo un anno l’attività ha chiuso per fallimento e io ho dovuto ricominciare”.

Riusciva a vivere grazie al reddito di cittadinanza

Con il reddito di cittadinanza, Deborah era riuscita a tirare avanti per qualche mese fino all’inizio del 2020, quando era stata selezionata per la prova in una fabbrica. “Assemblavo piccoli pezzi per gli elettrodomestici. Era la prima volta che lavoravo in un settore simile, quella era la mia prima esperienza in quel ruolo e non ero veloce, ovviamente. Dopo 5 giorni mi hanno detto che non potevo continuare perché ero ‘troppo lenta’. Ho provato a spiegare che in 5 giorni non potevo imparare il lavoro che si fa abilmente dopo mesi e che in ogni caso le persone non hanno la capacità di assemblaggio di un robot. Nonostante le mie spiegazioni non c’è stato niente da fare e dopo 5 giorni ho dovuto lasciare il posto perché pretendevano che in un’ora assemblassi 500 pezzi”.

“Mi sono rimessa a cercare e tramite qualche amico sono riuscita a trovare un annuncio di lavoro in un’azienda di San Donato, in provincia di Venezia. Io avevo bisogno di lavorare, così mi sono presentata al colloquio. Lì i risultati erano ottimi: avevo a che fare con le persone, mi occupavo di colloqui informativi e tecnici per trovare clienti che volessero accedere al bonus 110% nell’edilizia. Ci sono rimasta per nove mesi, poi il contratto è scaduto e non mi è stato rinnovato. A distanza di qualche mese, l’azienda mi ha ricontattato per altri 6 mesi di lavoro, poi però lo Stato ha bloccato tutto e io sono rimasta di nuovo senza un impiego e senza un reddito”. Deborah ha riferito di aver smesso di lavorare nel febbraio del 2023. “Sono riuscita ad accedere al sussidio di disoccupazione per qualche tempo, poi ho ricominciato con i colloqui. Ogni volta era un buco nell’acqua. Mi dissero che il problema era la mia poca esperienza e la mia età. La domanda a quel punto mi è sorta spontanea: come posso fare esperienza se nessuno mi assume?”.

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