Riforma della Giustizia, scontro a Tagadà tra Sisto e il magistrato Albamonte [VIDEO]

La Riforma della Giustizia divide magistrati e politica, si accende lo studio di Tagadà
Nel corso della trasmissione Tagadà su La7, il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto e Eugenio Albamonte, pubblico ministero della Procura di Roma, hanno acceso un intenso dibattito sulla riforma della giustizia, recentemente approvata dal Consiglio dei Ministri. La riforma, promossa dal ministro Carlo Nordio, prevede la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante, un tema che ha suscitato forti reazioni e controversie.
Eugenio Albamonte, ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), ha espresso una critica feroce verso la riforma, sostenendo che potrebbe compromettere l’autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero. “Non voglio fare il pm nel nuovo regime. Non voglio essere né quello che passa al giudice le veline della polizia, né voglio andare a finire sotto il controllo dell’esecutivo”, ha dichiarato Albamonte. Il magistrato ha sottolineato come in altri paesi con sistemi di carriere separate, come Portogallo, Francia e Spagna, i pubblici ministeri siano finiti sotto il controllo governativo, temendo che lo stesso accada in Italia.
Sisto, d’altra parte, ha cercato di smorzare le preoccupazioni, affermando che la riforma non intende minare l’autonomia dei pm. “L’abbiamo pure scritto che non intendiamo toccare l’autonomia e l’indipendenza del pm”, ha ribattuto il viceministro, evidenziando che il Parlamento ha il mandato di scrivere le leggi per volere dei cittadini italiani.
Albamonte ha risposto con sarcasmo: “Finché abbiamo la libertà di parola lo possiamo dire oppure non possiamo più esprimerci?”, ribadendo la preoccupazione che la riforma possa limitare la libertà di espressione dei magistrati e influire negativamente sull’efficacia della giustizia.

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Prevede in breve la riforma
Il Consiglio dei Ministri del 29 maggio 2024 ha approvato un disegno di legge costituzionale che introduce nuove norme sull’ordinamento giurisdizionale e istituisce la Corte disciplinare. La riforma mira a distinguere le carriere dei magistrati giudicanti da quelle dei magistrati requirenti, adeguando l’ordinamento costituzionale a tale separazione. Prevede inoltre l’istituzione di due Consigli superiori della magistratura, uno per i giudicanti e uno per i requirenti, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica. La giurisdizione disciplinare sui magistrati sarà affidata alla nuova Alta Corte disciplinare.

Le critiche delle opposizioni
Anche il presidente del M5S, Giuseppe Conte, ha espresso forti critiche: “Trovo scandaloso che, di fronte alle inchieste giudiziarie, questa maggioranza anziché mandare via il marcio nei partiti e cacciare i politici corrotti e collusi, voglia mettere la mordacchia alla magistratura, separare le carriere, metterle sotto al potere esecutivo e impedire alla magistratura di andare avanti con le inchieste”. Conte ha commentato così la riforma della giustizia del governo Meloni durante un punto stampa a Roma.

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