Dal 4 luglio, Chico Forti, detenuto nel carcere di Montorio con una condanna all’ergastolo, si trova in una situazione di limitata comunicazione. Non può ricevere visite dall’esterno né effettuare telefonate, in attesa di chiarimenti sulla sua posizione dopo l’estradizione in Italia. Questa decisione è stata presa con l’assenso dell’Ufficio di Sorveglianza di Verona, a seguito dell’apertura di un’inchiesta da parte della Procura della Repubblica di Verona.
L’inchiesta, al momento senza indagati né ipotesi di reato, si basa sulle dichiarazioni di un detenuto calabrese coinvolto in una vicenda giudiziaria in Piemonte. Questo detenuto ha affermato di essere stato avvicinato da Forti nell’ala dell’infermeria, dove Forti gli avrebbe chiesto se esistesse un modo per far tacere i giornalisti Marco Travaglio, Selvaggia Lucarelli e una terza persona di cui non ricordava il nome. Tale richiesta sarebbe legata agli articoli e ai commenti pubblicati dopo l’arrivo di Forti in Italia, accolto dal presidente del consiglio Giorgia Meloni con una stretta di mano.
Di conseguenza, le visite per Forti nel carcere di Montorio sono state contingentate. La Procura di Verona ha aperto un fascicolo per verificare l’ipotesi di un contatto tra Forti e ambienti legati alla criminalità organizzata, presumibilmente la ‘ndrangheta, per intimidire i giornalisti citati. Forti ha negato queste circostanze. Dal 2 luglio, Forti non ha più ricevuto visite, sebbene possa ancora telefonare a sua madre ogni lunedì.
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Nonostante non ci sia un provvedimento restrittivo ufficiale, gli avvocati di Forti, Andrea Radice e Carlo Dalla Vedova, ritengono che il contingentamento delle visite sia dovuto alle numerose richieste di esponenti politici desiderosi di incontrarlo. Radice ha confermato che il contingentamento delle visite è stato concordato, vista la quantità di richieste ricevute.
L’inchiesta è ancora in corso per verificare le dichiarazioni e chiarire la situazione di Forti.