IL PD VOTA FITTO? Montanari fa nero il Partito della Schlein. Ecco cosa ha rivelato nel suo inedito

L’editoriale di Tomaso Montanari, pubblicato il 18 settembre 2024 su “Il Fatto Quotidiano”, esprime una critica feroce alle recenti scelte politiche del Partito Democratico (PD) in merito al rinnovo del mandato di Ursula von der Leyen come presidente della Commissione Europea e all’eventuale sostegno alla nomina di Raffaele Fitto come vicepresidente. Montanari giudica queste decisioni non solo come errori strategici, ma come una vera e propria “resa senza condizioni” rispetto ai valori fondanti dell’Europa, che sembrano ormai essere stati dimenticati.

Secondo Montanari, la conferma di von der Leyen rappresenta “un gravissimo errore” che il PD non avrebbe mai dovuto commettere, poiché con essa i socialisti e i democratici si sono schierati “dalla parte della guerra” e della “negazione stessa dell’idea di Europa”. L’autore denuncia come l’Unione Europea, invece di farsi promotrice di pace e dialogo durante il conflitto in Ucraina, si sia trasformata in una “succursale della NATO”, mettendo in cima alle sue priorità la guerra e le armi. Von der Leyen, secondo Montanari, ha rispolverato una “atroce retorica della vittoria” che ha ridato cittadinanza a “fantasmi osceni”, simboli del passato più oscuro del continente.

L’ipotesi che il PD possa sostenere la nomina di Raffaele Fitto alla vicepresidenza della Commissione è vista come un ulteriore passo verso il baratro. Montanari afferma che un eventuale sì a Fitto non sarebbe altro che “un diabolico accanimento”, il segno di un PD incapace di elaborare una visione politica alternativa. Fitto, secondo Montanari, incarna una politica reazionaria e nazionalista che il PD dovrebbe combattere, non supportare. L’editorialista ricorda le parole del Manifesto di Ventotene, che indicava chiaramente come la divisione tra progressisti e reazionari non passasse più per le tradizionali linee politiche, ma tra chi “lascia che la lava incandescente delle passioni popolari torni a solidificarsi nel vecchio stampo” del nazionalismo e chi invece lavora per costruire “un solido stato internazionale”.

Montanari, citando il Manifesto, sottolinea come la sinistra europea non possa cadere nella trappola del nazionalismo, un’ideologia che ritiene oggi nuovamente pericolosa e dannosa, non solo per l’Europa ma per il mondo intero. L’esempio del nazionalismo israeliano è indicato come un segnale d’allarme: “in un mondo in cui i nazionalismi tornano a essere il primo pericolo, che futuro potrebbe avere una sinistra impantanata nella retorica nazionale e nazionalista del commissario da votare ‘perché è italiano’?”

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L’autore attacca duramente anche il governo italiano, accusando la presidente del Consiglio di alimentare una “nazione barbarica, genetica, brutale”, che esclude chi non rientra nei canoni identitari da lei imposti. La chiusura alle proposte di riforma come lo ius scholae, che avrebbe garantito la cittadinanza ai figli degli immigrati che completano un ciclo scolastico in Italia, è per Montanari l’ennesima prova di una politica che si fonda sulla “retorica identitaria e nostalgica” e che ha come obiettivo il “deportare o affondare i migranti” e reprimere con forza chiunque osi dissentire.

L’editoriale si conclude con una riflessione amara sull’astensionismo crescente nelle tornate elettorali italiane. Montanari lo interpreta come una chiara manifestazione del “disincanto” degli elettori verso una sinistra che ha tradito ogni speranza di cambiamento. Il PD, afferma, sembra ormai privo di una visione capace di ispirare e guidare i cittadini, ridotto a inseguire la destra su terreni come il nazionalismo e la politica delle poltrone. Se i democratici votassero per Fitto, sostiene Montanari, sarebbe l’“ennesima ban…

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