Nell’ennesima puntata del conflitto verbale tra Marco Travaglio e Giuliano Ferrara, il direttore del Fatto Quotidiano affonda colpi durissimi in un editoriale al vetriolo. Travaglio, noto per il suo stile sarcastico e provocatorio, non risparmia nessuna frecciata all’ex direttore de Il Foglio, accusandolo di aver tradito i suoi antichi ideali comunisti per diventare, a suo dire, un burattino al servizio della destra e degli Stati Uniti.
Travaglio contro Ferrara: dall’antisemitismo alle accuse di connivenza con la CIA
L’articolo di Travaglio prende le mosse dalle polemiche scatenate dalle vignette pubblicate sul Fatto Quotidiano che prendevano di mira Benjamin Netanyahu. Giuliano Ferrara, in una furibonda replica, aveva accusato Travaglio e la sua redazione di antisemitismo e odio. Ma Travaglio non ci sta e risponde con un sarcasmo tagliente, accusando Ferrara di strumentalizzare la questione per difendere la politica di Israele, tirando in ballo episodi del passato in cui Ferrara, in piena militanza comunista, si schierava invece contro lo Stato ebraico.
Travaglio ricorda infatti il Ferrara degli anni ‘80, militante del PCI a Torino, che non esitava a scagliarsi contro Israele in occasione del massacro di Sabra e Shatila. In un tono beffardo, il giornalista rievoca un episodio in cui Ferrara, travolto dall’indignazione, interruppe un concerto del compositore Luciano Berio per chiedere che venisse dedicato al popolo palestinese, rischiando quasi una rissa. Questo episodio viene dipinto da Travaglio come il simbolo di una militanza estremista e confusa, che negli anni si sarebbe trasformata in un tradimento degli ideali originari.
Dalle kefiah al capitalismo: la parabola di Ferrara secondo Travaglio
Il fulcro dell’articolo di Travaglio è la trasformazione politica di Ferrara, che da fervente comunista, adornato di kefiah e pronto a difendere i palestinesi, sarebbe passato a schierarsi con la destra di Forza Italia e addirittura a collaborare con la CIA, secondo le insinuazioni di Travaglio. Il giornalista sottolinea con ironia come Ferrara abbia abbracciato una carriera politica e giornalistica sempre più distante dai suoi principi giovanili, arrivando a diventare, sempre secondo Travaglio, uno dei principali difensori dell’establishment capitalista.
In questo attacco pungente, Travaglio usa una strategia che gli è propria: mescola ricordi storici con un’ironia feroce per dipingere Ferrara come un “pentito” del comunismo, passato dalla militanza di sinistra a una carriera che, nella visione di Travaglio, sarebbe stata guidata da opportunismo e convenienza.
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La satira come arma politica
L’articolo di Travaglio non si limita a criticare Ferrara, ma si configura come un’operazione più ampia di delegittimazione dell’avversario politico. Utilizzando una satira tagliente e richiamando episodi che risalgono a oltre quarant’anni fa, il direttore del Fatto Quotidiano mira a ridicolizzare non solo le opinioni odierne di Ferrara, ma anche la sua stessa credibilità politica. Nel farlo, Travaglio si inserisce in una lunga tradizione di polemiche giornalistiche in cui la satira diventa strumento di discredito e di lotta ideologica.
Questo nuovo capitolo del confronto tra Travaglio e Ferrara rappresenta un esempio emblematico del livello di polarizzazione nel dibattito politico e giornalistico italiano. Con la sua consueta verve polemica, Travaglio mette alla berlina Ferrara, riportando alla luce episodi del passato e lanciando accuse di incoerenza politica. Non è solo una critica delle posizioni di Ferrara, ma un attacco personale che sottolinea, ancora una volta, il ruolo della satira nella guerra tra intellettuali e giornalisti che da decenni anima il panorama mediatico italiano.