Il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, ha attaccato duramente il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il governo italiano, accusandoli di ignoranza e incompetenza nella stesura delle leggi. L’intervento di Travaglio è avvenuto durante la trasmissione Otto e mezzo su La7, in risposta a una discussione con il filosofo Massimo Cacciari. Il giornalista ha criticato l’atteggiamento del potere politico nei confronti della magistratura e la qualità delle riforme legislative che vengono proposte in Italia.
Il contesto: Nordio e il decreto legge contestato
L’intervento di Travaglio si colloca nel contesto delle recenti dichiarazioni di Carlo Nordio, che aveva affermato che i magistrati di Roma non avessero compreso correttamente una sentenza della Corte di Giustizia Europea. La polemica è esplosa quando la Corte Europea ha ribadito che è Nordio a non aver capito la sentenza, e Travaglio non ha perso l’occasione per sottolineare l’errore del ministro. “Quando sento queste castronerie, invoco la prova del palloncino,” ha dichiarato Travaglio, suggerendo in modo sarcastico che Nordio avrebbe bisogno di essere sottoposto a un controllo di sobrietà.
Secondo il direttore del Fatto Quotidiano, il decreto legge approvato dal governo sarebbe in contrasto con le direttive della Corte di Giustizia Europea, al punto che un giudice italiano non dovrebbe neppure fare ricorso: semplicemente, il decreto dovrebbe essere disapplicato.
Travaglio contro la qualità delle leggi italiane: “Porcherie legislative”
La critica di Travaglio si estende ben oltre il singolo episodio, toccando un problema più ampio: la qualità delle leggi italiane. “Quando scrivono le leggi, sembrano delle bestie,” ha affermato senza mezzi termini, sottolineando come spesso le normative prodotte dal governo siano incoerenti con i principi costituzionali. Travaglio ha sostenuto che in molti casi, quando queste leggi arrivano davanti ai giudici, risultano palesemente incompatibili con la Costituzione. La conseguenza è che il governo finisce spesso davanti alla Corte Costituzionale, che boccia il 90% delle leggi “ignoranti” e delle “porcherie” proposte.
La questione della riforma della giustizia: un problema solo italiano?
Travaglio ha anche toccato un tema ricorrente nella politica italiana: la necessità di riformare la magistratura. Secondo il giornalista, l’idea che la giustizia debba essere riformata ogni volta che c’è un cambio di governo è una particolarità tutta italiana. Per dimostrare la sua tesi, ha citato l’esempio dell’ex primo ministro britannico Rishi Sunak e del suo “Piano Ruanda” per deportare i migranti. Nonostante la Gran Bretagna non faccia più parte dell’Unione Europea, diversi giudici britannici hanno rigettato il piano perché violava principi universali dei diritti umani. “A differenza dell’Italia, Sunak non ha detto che bisogna riformare la magistratura,” ha sottolineato Travaglio, evidenziando come in altri Paesi occidentali la giustizia venga rispettata anche quando le sue decisioni non coincidono con gli interessi del governo.
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La “riforma del Marchese del Grillo” e il rischio di una giustizia di classe
Il direttore del Fatto Quotidiano ha ironizzato sull’idea di una riforma costituzionale evocata dal presidente del Senato Ignazio La Russa, definendola come una “riforma del Marchese del Grillo”: una chiara allusione al famoso personaggio interpretato da Alberto Sordi nel film di Mario Monicelli, che esprimeva il suo potere con la celebre frase “Io so’ io e voi non siete un cazzo”. Per Travaglio, l’intento di una simile riforma sarebbe quello di stabilire una giustizia di classe, in cui alcuni sono “più uguali degli altri”, come nel romanzo di George Orwell La fattoria degli animali.
L’articolo 3 della Costituzione italiana afferma che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”, ma secondo Travaglio, le proposte di riforma mirano a sovvertire questo principio. Il giornalista ha avvertito che il rischio è di avere una giustizia che avvantaggia esclusivamente i potenti, lasciando il resto della popolazione senza una vera tutela giuridica. “A meno che questi non vogliano essere i maiali degli anni 2000 o 3000,” ha concluso, riferendosi alla descrizione dei maiali nel romanzo di Orwell come coloro che detenevano il potere e ne abusavano.
L’attacco alla magistratura: debolezza o strategia?
Nella discussione con Massimo Cacciari, Travaglio ha anche riflettuto sull’abitudine del potere politico italiano di attaccare la magistratura. Cacciari aveva osservato che un potere che si scaglia contro i giudici è sintomo di debolezza, e Travaglio ha ampliato il concetto, sostenendo che tale debolezza si accompagna a un’ignoranza giuridica. Il continuo scontro con la magistratura, secondo lui, è una strategia del governo per deviare l’attenzione dalle proprie inefficienze e dall’incapacità di produrre leggi di qualità.
Questa critica è emblematica del rapporto turbolento tra politica e giustizia in Italia. Il dibattito sulle riforme giudiziarie si è spesso trasformato in uno scontro tra chi vorrebbe limitare l’autonomia dei magistrati e chi, come Travaglio, difende l’indipendenza della magistratura come pilastro della democrazia.
Conclusione
Le parole di Marco Travaglio sono un duro atto d’accusa contro l’attuale governo e, più in generale, contro una classe politica che secondo il giornalista non è all’altezza del proprio ruolo legislativo. L’episodio del decreto legge contestato dalla Corte di Giustizia Europea è, per lui, solo l’ennesima dimostrazione di un approccio superficiale e arrogante alla stesura delle leggi. La questione della riforma della giustizia, lungi dall’essere una necessità oggettiva, viene presentata come un’arma di distrazione di massa per distogliere l’attenzione dai veri problemi del Paese.
In un clima di tensione tra politica e magistratura, le osservazioni di Travaglio mettono in luce i rischi di una deriva antidemocratica, in cui la giustizia viene piegata agli interessi del potere politico, compromettendo l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.
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