Nell’ambito delle “Sfide del servizio pubblico,” Geppi Cucciari, con il suo inconfondibile sarcasmo, ha offerto una riflessione pungente e attuale: “Tenere i partiti fuori dalla Rai è come fare un convegno contro il gioco d’azzardo a Las Vegas.” Queste parole, pronunciate nella solenne cornice della Sala Zuccari a Palazzo Giustiniani, durante un evento voluto dalla presidente della Commissione di Vigilanza RAI, Barbara Floridia, rivelano la realtà della politica italiana nei media di Stato.
Una voce fuori dal coro: l’ironia come strumento di denuncia
Geppi Cucciari, nota conduttrice radiofonica e televisiva, ha esordito con la sua tipica verve ironica, sdrammatizzando un argomento complesso, che affonda le radici nella storia stessa della RAI: il rapporto simbiotico tra politica e televisione pubblica. Parlando di “fantascienza” in merito alla possibilità di rimuovere le influenze partitiche dalla televisione nazionale, Cucciari ha sfruttato l’ironia per mettere a nudo la contraddizione tra l’ideale di una RAI indipendente e la realtà delle sue interferenze.
Il parterre dell’evento, composto da politici di vario schieramento e dai vertici RAI, è apparso quasi spiazzato di fronte alle frecciate della conduttrice. La sua osservazione riguardante il luogo stesso dell’incontro, il Senato, ha evidenziato l’impossibilità di separare, in Italia, i media pubblici dalla politica: “Parlare di partiti fuori dalla RAI in Senato è un po’ come organizzare un convegno contro il gioco d’azzardo a Las Vegas.” Le risate della sala si sono mescolate a un senso di disillusione che attraversa da decenni il servizio radiotelevisivo pubblico italiano.
L’obiettivo: ripensare la RAI nell’era digitale
L’incontro era orientato a discutere una modernizzazione della RAI, puntando a ridefinirne ruolo e obiettivi in un mondo dominato dai media digitali. Tra i temi centrali, il bisogno di un cambio di passo nell’era della comunicazione globale, per garantire una RAI capace di rispondere alle esigenze di un pubblico diversificato e sempre più digitalizzato. Il digitale ha rivoluzionato la fruizione dei contenuti e, con esso, anche le aspettative degli spettatori. La sfida è quella di adeguare il servizio pubblico, non solo attraverso tecnologie innovative, ma anche mediante una governance più indipendente e responsabile.
Cucciari ha sottolineato l’importanza di una riforma che permetta di superare l’attuale condizione, dove la televisione pubblica sembra talvolta più un mezzo di propaganda che un vero servizio per i cittadini. Ha affermato: “Se la RAI non migliorerà, non migliorerà il Paese, e se non migliorerà il Paese non avremo mai la classe dirigente in grado di cambiare la RAI.” Il cerchio vizioso descritto dalla conduttrice rappresenta la difficoltà di realizzare riforme strutturali quando la stessa struttura politica appare restia a rinunciare al controllo mediatico.
Le difficoltà e i limiti di una RAI al servizio della politica
La RAI, da sempre considerata una risorsa strategica dai governi italiani, è il simbolo di come la politica possa plasmare la narrativa nazionale. La questione della sua indipendenza è annosa e, ancora oggi, non si intravede una soluzione concreta. Le nomine dirigenziali, i palinsesti e perfino i programmi sembrano essere spesso influenzati da logiche politiche, piuttosto che dall’interesse pubblico. Questa situazione è particolarmente evidente nei momenti di crisi politica o di cambiamento, in cui la RAI viene utilizzata come una piattaforma per promuovere o difendere le scelte governative.
Per molti critici, la presenza dei partiti in RAI mina alla base la credibilità dell’ente, rendendo difficile garantire un’informazione realmente imparziale e libera. La prospettiva di una RAI completamente autonoma dai partiti, pur auspicabile, sembra quindi quasi utopica, un ideale che sfugge a causa delle continue interferenze.
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La necessità di una classe dirigente capace di promuovere il cambiamento
L’intervento di Geppi Cucciari ha posto l’accento su un altro problema strutturale: la necessità di una classe dirigente realmente intenzionata a promuovere un cambiamento nella RAI. Senza una leadership in grado di comprendere e valorizzare il ruolo del servizio pubblico, il miglioramento rimane un obiettivo difficile da raggiungere.
Il pubblico italiano merita una televisione pubblica libera dalle influenze di fazione, ma ciò non può avvenire senza una volontà politica autentica. Questo cambio di rotta non dipende solo dai dirigenti attuali della RAI, ma dall’intero contesto politico e sociale che determina le dinamiche del potere mediatico nel nostro Paese.
Conclusioni: la RAI tra passato e futuro
Le “Sfide del servizio pubblico” rappresentano un’opportunità per riflettere su cosa significa, oggi, avere un servizio pubblico nell’era digitale. L’intervento di Cucciari, pur con toni leggeri, è stato un invito a prendere coscienza delle dinamiche che ancora ostacolano una vera modernizzazione della RAI. La questione non è solo tecnica o legata al digitale, ma anche e soprattutto politica. La vera sfida della RAI è, quindi, quella di affermarsi come ente capace di adattarsi al presente senza essere ancorata ai giochi di potere del passato.
Quello di Cucciari è stato un messaggio chiaro e coraggioso: senza un cambiamento sostanziale nella gestione politica dell’ente, la RAI rischia di rimanere prigioniera di una retorica che non rispecchia le esigenze della società moderna.
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