Nella puntata di ieri Accordi&Disaccordi sul canale Nove, il giornalista e direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio ha espresso la sua visione sulle recenti elezioni americane, spiegando le cause dietro la vittoria di Donald Trump. Secondo Travaglio, il risultato elettorale riflette un cambiamento profondo nella politica occidentale, in cui non si vota più lungo l’asse tradizionale destra-sinistra, ma piuttosto lungo un conflitto tra élite e popolo.
Travaglio sostiene che i ceti popolari tendano a preferire candidati miliardari perché si percepiscono come troppo distanti da loro per essere competitori diretti. Anzi, questa distanza consente loro di vedere nei miliardari figure potenti ma meno in contrasto rispetto ai politici appartenenti alle élite. I poveri si sentono in concorrenza diretta con gli strati sociali immediatamente superiori piuttosto che con i miliardari.
Le Contraddizioni del Neoliberismo
Durante il suo intervento, Travaglio ha criticato aspramente il sistema neoliberista americano, definendolo come un motore di competizione feroce tra diversi strati della società. Il giornalista ha sottolineato come l’immigrato di penultima generazione percepisca il nuovo arrivato come un concorrente, innescando una lotta che viene enfatizzata dalla stagnazione salariale e da un’inflazione devastante, che ha reso insostenibili persino beni di prima necessità.
Questo disagio economico, secondo Travaglio, non colpisce le élite, che beneficiano dei grandi numeri dell’economia globale, ma non vedono questi miglioramenti entrare nelle tasche dei cittadini comuni. L’America può vantare dati economici in crescita, ma questi rimangono astratti per il popolo, alimentando il risentimento verso l’establishment.
Il Fronte Bellico e l’Isolamento Americano
Travaglio ha anche toccato il tema delle guerre statunitensi, definendole come decisioni prese da un establishment lontano dalla realtà dei cittadini. Secondo lui, gli americani si trovano a finanziare conflitti in Paesi che a malapena conoscono, portando avanti una politica estera che appare sempre meno comprensibile e giustificata. A questo si aggiunge il disinteresse generale del popolo verso le guerre finanziate con le tasse, che non portano benefici tangibili alla vita di tutti i giorni.
L’inadeguatezza politica dei vertici democratici è un altro aspetto sottolineato da Travaglio. Biden, descritto come “nascosto” dall’apparato democratico per due anni, e Harris, “paracadutata” senza primarie, non hanno saputo conquistare il consenso del popolo. Quest’ultimo, sempre più consapevole di un establishment staccato dalle proprie necessità, ha finito per scegliere Trump come un’alternativa percepita come vicina, per quanto “stravagante”.
Dai Democratici a Trump: una storia di “calci” e opportunità
Fino a poco tempo fa, Elon Musk veniva considerato vicino alla sfera democratica, non tanto per una vera e propria affinità ideologica, ma più per una convenienza economica e commerciale. Ha finanziato varie campagne elettorali, principalmente di rappresentanti democratici, e si è espresso in passato a favore di Barack Obama e Joe Biden, nonché di Hillary Clinton. Il suo posizionamento politico, pur essendo più centrista rispetto ad altri esponenti della Silicon Valley, sembrava indirizzato verso il partito Democratico.
Secondo Travaglio, però, l’amministrazione Biden ha progressivamente emarginato Musk, nonostante il ruolo cruciale del suo brand Tesla nel settore delle auto elettriche. Un episodio emblematico è stato il vertice organizzato alla Casa Bianca sull’auto elettrica, dove Tesla non è stata invitata, nonostante sia leader nel settore. Al contrario, sono stati coinvolti produttori come General Motors, meno rilevanti rispetto all’impatto di Tesla in termini di innovazione e mercato. Questa scelta ha alimentato il malcontento di Musk, che ha quindi finito per schierarsi a favore di Trump, abbracciando la causa repubblicana, soprattutto nel contesto delle ultime elezioni.
Trump e Musk: un rapporto basato sul consenso, non sull’etichetta
Travaglio ha evidenziato come Donald Trump, diversamente dai Democratici, non si faccia problemi a includere nel proprio schieramento figure controverse o particolari, purché possano portare consenso. Musk rappresenta proprio questo: un personaggio unico e visionario, capace di attrarre una parte dell’elettorato americano che vede in lui un simbolo di successo e innovazione.
Travaglio ha spiegato come Trump si sia sempre dimostrato aperto ad accogliere persone utili alla sua causa, anche se queste hanno avuto in passato posizioni critiche o scomode nei suoi confronti. Un esempio citato è il suo vice presidente J.D. Vance, che in precedenza aveva criticato aspramente Trump, paragonandolo addirittura a figure tiranniche della storia. Tuttavia, secondo il ragionamento di Travaglio, Trump ha “preso” anche Vance, dimostrando ancora una volta il suo approccio più pragmatico e concentrato sul consenso rispetto all’ideologia o alla coerenza.
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Un nuovo scenario: Musk e la politica repubblicana
Ora che Musk si trova nell’orbita di Trump, la sua immagine è cambiata radicalmente. Travaglio lo descrive come un “genio pazzo”, una mente brillante ma incline a comportamenti estremi, come le sue dichiarazioni su temi complessi come le droghe e la maternità surrogata. Questi elementi di eccentricità sono accettati e integrati nel campo repubblicano, senza lo stesso tipo di giudizio che potrebbe ricevere in ambiente democratico.
L’opinione pubblica ha quindi assistito a un cambiamento di narrazione nei confronti di Musk: se prima veniva visto come un benefattore sostenitore dei Democratici, ora è diventato un personaggio “cattivo” secondo chi critica il suo appoggio a Trump. Travaglio ha definito questo atteggiamento come una manifestazione della spocchia e del moralismo democratico, che ha finito per allontanare Musk, spingendolo verso Trump. Questa dinamica, osserva Travaglio, potrebbe avere ripercussioni anche sugli equilibri geopolitici e sulle collaborazioni internazionali, data l’influenza di Musk sia come figura mediatica che come imprenditore di successo.
Conclusione
In sintesi, Travaglio ha descritto il percorso di Musk come una parabola influenzata da un ambiente politico che ha portato il magnate a rivedere le sue alleanze. Le decisioni dell’amministrazione Biden e l’atteggiamento snob di una parte dei Democratici hanno aperto la strada al legame tra Musk e Trump, un legame che potrebbe rivelarsi strategico e determinante nelle prossime sfide politiche e tecnologiche degli Stati Uniti.
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