Il tema delle relazioni con Israele divide profondamente il governo italiano, evidenziando una netta spaccatura tra i principali esponenti della maggioranza. A sollevare il polverone è stato il vicepremier Matteo Salvini, che ha espresso apertamente la sua disponibilità ad accogliere il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in Italia, nonostante la recente decisione della Corte Penale Internazionale (CPI) di emettere un mandato di arresto nei suoi confronti.
Salvini ha dichiarato: «Se Netanyahu venisse in Italia, sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri.» Una presa di posizione netta, che ha provocato immediate reazioni all’interno del governo e nell’opposizione.
La linea di Tajani e Meloni
A contrapporsi a Salvini è il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha sottolineato come la politica estera sia guidata dalla Presidenza del Consiglio. «La linea è quella del presidente del Consiglio Meloni, e io ho il dovere di attuarla perché la condivido», ha detto Tajani, ribadendo che ogni decisione sarà presa in concerto con gli alleati internazionali. Tajani ha inoltre evidenziato la necessità di analizzare attentamente la sentenza della CPI prima di esprimere un giudizio definitivo.
Dal canto suo, la premier Giorgia Meloni ha mantenuto un atteggiamento cauto, evitando per ora dichiarazioni pubbliche, ma cercando di mantenere l’unità della maggioranza. Tuttavia, l’assenza di una posizione chiara da parte della presidente del Consiglio alimenta il dibattito interno.
La difesa di Crosetto e le critiche del PD
Anche il ministro della Difesa Guido Crosetto ha espresso un parere discordante rispetto a Salvini, definendo la sentenza della CPI come «sbagliata, ma da rispettare». Secondo Crosetto, se Netanyahu dovesse entrare in Italia, sarebbe necessario eseguire il mandato d’arresto.
L’opposizione, rappresentata in prima linea dal Partito Democratico (PD), ha attaccato duramente il governo, definendo «confusa e contraddittoria» la sua posizione. Chiara Braga e Francesco Boccia, capigruppo del PD alla Camera e al Senato, hanno chiesto alla Meloni di chiarire pubblicamente la posizione italiana. «È inaccettabile che il governo si esprima in modo così ambiguo in una fase così delicata della politica internazionale», hanno dichiarato, accusando l’esecutivo di mettere a rischio la credibilità del Paese.
Le reazioni internazionali e il nodo CPI
La decisione della CPI di emettere un mandato di arresto per Netanyahu si basa su accuse relative ai crimini commessi durante le operazioni militari a Gaza. Tuttavia, molti governi occidentali, tra cui gli Stati Uniti, hanno criticato la CPI per un presunto approccio politico piuttosto che giuridico. La questione si inserisce in un contesto internazionale già teso, con Netanyahu che continua a godere del sostegno di leader come Viktor Orbán, mentre molti altri, tra cui i rappresentanti dei Verdi italiani, ne chiedono l’arresto immediato.
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Le conseguenze politiche interne
Le dichiarazioni di Salvini mettono in evidenza le fratture interne alla maggioranza di governo. La Lega, sostenendo apertamente Netanyahu, rischia di compromettere l’immagine di coerenza dell’esecutivo, già messo sotto pressione dall’opposizione e dalla comunità internazionale.
Resta da vedere quale posizione adotterà Meloni per mantenere un equilibrio tra il sostegno a Israele e il rispetto delle normative internazionali. Il prossimo G7 esteri, che inizierà lunedì a Fiuggi, potrebbe essere l’occasione per definire una linea comune tra gli alleati e porre fine a questa spinosa questione.
L’incidente ha comunque aperto una riflessione più ampia: l’Italia è pronta a bilanciare le sue relazioni internazionali in un contesto di crescenti tensioni globali?
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