L’inchiesta antimafia svela legami tra politica, religione e criminalità organizzata
Un’operazione congiunta tra Polizia e Guardia di Finanza, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Brescia, ha portato all’arresto di 25 persone legate a un’associazione mafiosa di matrice ‘ndranghetista operativa nel Bresciano. Tra i nomi coinvolti spiccano quelli di Giovanni Acri, ex consigliere comunale di Brescia per Fratelli d’Italia (FdI), Mauro Galeazzi, ex esponente della Lega a Castel Mella, e suor Anna Donelli, una religiosa che avrebbe garantito collegamenti tra i detenuti affiliati al clan e l’esterno.
Gli arrestati sono accusati di aver collaborato con la cosca Tripodi, una delle principali organizzazioni mafiose calabresi, per attività illecite che spaziano da estorsioni e traffico di droga a riciclaggio e usura. Le indagini hanno svelato un sistema radicato, con collegamenti politici, economici e religiosi che garantivano il funzionamento dell’organizzazione criminale.
Il ruolo degli arrestati: medici, politici e suore al servizio della ‘Ndrangheta
Secondo gli inquirenti, Giovanni Acri, che di recente era stato coinvolto in un’indagine legata all’europarlamentare Carlo Fidanza, avrebbe usato il suo ruolo di medico per supportare i membri del clan. In particolare, avrebbe fornito assistenza sanitaria ai sodali e ai loro complici anche in situazioni critiche, come ferimenti durante l’esecuzione di reati. Acri si sarebbe dimesso dal Consiglio comunale di Brescia su pressione di Fidanza, per cedere il posto a un altro esponente del partito.
Mauro Galeazzi, invece, avrebbe tentato di sfruttare i rapporti con il clan Tripodi per ottenere un vantaggio elettorale durante le elezioni comunali di Castel Mella del 2021, quando era candidato sindaco. Gli investigatori sostengono che Galeazzi avrebbe chiesto al clan di procurargli voti in cambio di promesse di appalti pubblici.
Suor Anna Donelli, figura apparentemente lontana dai circuiti criminali, è accusata di aver agito come intermediaria tra i membri della cosca detenuti e i sodali in libertà. La religiosa avrebbe garantito comunicazioni riservate, mantenendo attivo il coordinamento dell’organizzazione anche dal carcere.
Le attività criminali del clan Tripodi nel Nord Italia
L’associazione mafiosa aveva ramificazioni estese non solo nel Bresciano, ma anche in altre province del Nord Italia, come Milano, Como, Verona e Treviso. Durante l’operazione, sono stati sequestrati oltre 1,8 milioni di euro, somma che testimonia la vastità degli interessi economici del gruppo.
Tra le attività illecite svolte dal clan figurano:
Estorsioni ai danni di imprenditori locali;
Traffico di armi e droga, con una rete che si estendeva oltre i confini regionali;
Riciclaggio di denaro sporco e reati tributari;
Usura, con tassi d’interesse esorbitanti applicati a commercianti e professionisti in difficoltà economica.
Le indagini hanno anche portato alla perquisizione di numerosi immobili e alla scoperta di un sistema di connivenze che ha permesso al clan di prosperare nel territorio.
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Un sistema che intreccia politica e criminalità organizzata
Questo caso rappresenta l’ennesima dimostrazione della pervasività della mafia nel tessuto politico ed economico del Nord Italia. La presenza di esponenti politici tra gli arrestati sottolinea come la criminalità organizzata sia in grado di penetrare le istituzioni locali, sfruttando connivenze per ottenere vantaggi in termini di appalti e consenso elettorale.
La vicenda di Acri e Galeazzi evidenzia il rischio di infiltrazioni mafiose nei partiti, anche quelli più lontani dai tradizionali territori di influenza della ‘Ndrangheta. La complicità di suor Anna Donelli, inoltre, getta luce su come il mondo religioso possa talvolta essere strumentalizzato per scopi criminali, un aspetto meno noto ma non per questo meno grave.
Le reazioni della politica e della società civile
A seguito degli arresti, Fratelli d’Italia e Lega hanno preso le distanze dagli indagati, dichiarando la loro estraneità ai fatti e ribadendo la necessità di combattere la criminalità organizzata. Tuttavia, il caso solleva interrogativi sulla capacità dei partiti di vigilare sui propri membri e prevenire infiltrazioni mafiose.
Organizzazioni antimafia e associazioni locali hanno espresso preoccupazione per la diffusione della ‘Ndrangheta al Nord, sottolineando come la lotta alla criminalità organizzata debba coinvolgere non solo le forze dell’ordine, ma anche la società civile.
Conclusioni: un monito per il futuro
L’inchiesta sulla ‘Ndrangheta a Brescia dimostra come il fenomeno mafioso non sia confinato al Sud Italia, ma rappresenti una minaccia nazionale, capace di intrecciarsi con le istituzioni e la società in modi insidiosi.
La speranza è che operazioni come questa possano contribuire a rafforzare la fiducia dei cittadini nello Stato e a creare una maggiore consapevolezza sulla necessità di un impegno collettivo per estirpare la mafia dal tessuto sociale ed economico del Paese.
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