Alessandro Di Battista, ex parlamentare e figura storica del Movimento 5 Stelle, torna al centro del dibattito politico con dichiarazioni taglienti e rivelazioni sulla sua esperienza nel M5S. Intervistato a fine 2022 da Francesca Fagnani a Belve (Rai Due), Di Battista ha affrontato temi caldi come la leadership del Movimento, i rapporti con Luigi Di Maio e le dinamiche interne che lo hanno portato a rimanere ai margini della politica attiva.
La rivalità con Di Maio e il rimpianto della Farnesina
Uno dei momenti più emblematici dell’intervista riguarda il rapporto con Luigi Di Maio. Di Battista non ha nascosto il suo “rosicare” nel vedere il collega ricoprire il ruolo di Ministro degli Esteri, un incarico di prestigio che avrebbe potuto essere suo. “Portavo mio figlio in piscina e passavo sotto alla Farnesina. Sapevo che lì c’era Luigi e c’era una parte di me che rosicava”, ha ammesso con una sincerità che raramente si sente nel panorama politico italiano. Questo passaggio rivela non solo un pizzico di invidia personale, ma anche la consapevolezza di come le sue scelte passate, come il ritiro dalla candidatura nel 2018, abbiano influenzato il suo percorso.
Di Battista ha sottolineato come il tempo e le esperienze lo abbiano portato a riflettere su quelle decisioni, affermando: “Quando capisci che hai seminato, riconosci che alcune scelte che ti penalizzano da un lato, ti premiano dall’altro.” Una frase che riflette il suo bilancio personale tra ambizione e coerenza politica.
Il veto sul suo ruolo di capo politico
Uno dei punti più controversi dell’intervista riguarda il mancato sostegno dei suoi colleghi del M5S alla sua candidatura come capo politico. Di Battista ha dichiarato che, durante gli Stati Generali del Movimento, ottenne il triplo dei voti di Luigi Di Maio, ma i risultati non furono pubblicati. “Furono i miei ex colleghi a cercare in ogni modo di evitare che diventassi il capo politico, con l’idea: eleggiamo Conte, così sistema Di Battista e poi noi controlliamo Conte.” Tuttavia, secondo Di Battista, la strategia si è rivoltata contro chi l’aveva ideata: “È stato Conte a far fuori loro.”
Queste parole mettono in luce le tensioni interne al Movimento, evidenziando come le dinamiche di potere abbiano spesso prevalso sui principi fondativi del M5S, basati sulla trasparenza e la partecipazione diretta.
Le offerte degli altri partiti e la scelta di non fondare un movimento
Durante l’intervista, Di Battista ha rivelato di essere stato contattato da vari partiti, inclusa Fratelli d’Italia, mentre il Partito Democratico e Forza Italia non hanno mai cercato un dialogo con lui. Quando incalzato dalla conduttrice sul perché non abbia mai fondato un suo partito, l’ex parlamentare ha spiegato che la mancanza di un lavoro solido dal basso sarebbe stata una condanna al fallimento: “Non si tratta di paura. Se non costruisci adeguatamente dal basso, poi fai la fine di tante liste che hanno preso l’1%.”
Una chiara frecciata a Luigi Di Maio e al suo progetto politico Impegno Civico, che ha subito una pesante sconfitta elettorale. Questa dichiarazione sembra confermare la distanza tra i due ex alleati e il differente approccio alla politica.
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Un M5S diviso tra passato e futuro
L’intervista di Di Battista ha riacceso i riflettori su un Movimento 5 Stelle che fatica a ritrovare l’unità e la direzione che lo avevano reso protagonista della politica italiana. Se da un lato Giuseppe Conte cerca di consolidare la sua leadership, dall’altro emergono tensioni e rimpianti che evidenziano quanto il percorso del M5S sia stato segnato da divisioni interne.
Di Battista rappresenta ancora oggi una figura polarizzante. Per molti è il simbolo dell’idealismo e della coerenza originaria del Movimento; per altri, un leader mancato che non ha saputo concretizzare le sue ambizioni. Tuttavia, le sue parole continuano a far discutere e a sollevare domande sul futuro del M5S e sulle possibilità di un suo ritorno sulla scena politica.
In un momento in cui la politica italiana è in continua evoluzione, le confessioni di Di Battista offrono uno spaccato su ciò che accade dietro le quinte dei grandi partiti. Una realtà fatta di ambizioni personali, strategie di potere e scelte che, spesso, segnano il destino non solo di un leader, ma di un intero movimento politico.
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