“Convocate il tavolo o siamo pronti alla class action”: il grido dei malati in cura con psicofarmaci contro il rischio di arresto e sospensione della patente
Migliaia di pazienti in cura con farmaci psicotropi e a base di cannabis terapeutica lanciano una diffida ufficiale al governo Meloni e al ministro dei Trasporti Matteo Salvini. Al centro della controversia, una norma del Codice della strada che espone questi cittadini a rischi gravissimi: dalla sospensione della patente fino all’arresto, nonostante siano in regolare terapia medica.
Il contesto legislativo
La normativa attuale, entrata in vigore con il nuovo Codice della strada, prevede che chiunque assuma sostanze considerate psicotrope sia potenzialmente inidoneo alla guida. Questo ha sollevato un’ondata di proteste tra i pazienti affetti da malattie come sclerosi multipla, fibromialgia, epilessia e patologie psichiatriche che richiedono l’uso di cannabis medica o altri psicofarmaci.
Molti di questi malati hanno già visto ritirarsi la patente o sono stati coinvolti in lunghe battaglie legali per dimostrare la loro idoneità alla guida. “Non siamo criminali, siamo pazienti. La terapia non ci rende pericolosi, ci permette di vivere”, afferma Giulia R., 38 anni, affetta da dolore cronico severo.
L’impatto sulle vite dei pazienti
Il problema non si limita alla sfera giuridica. La paura di subire controlli stradali o di vedersi ritirare la patente sta paralizzando la vita quotidiana di molte persone. Per chi vive in aree non servite da mezzi pubblici, come le zone rurali, il ritiro della patente equivale alla perdita dell’autonomia e del lavoro.
Carlo T., un quarantenne con disabilità al 100% per una grave forma di sclerosi multipla, racconta: “La mia macchina è l’unico mezzo che mi consente di andare alle visite mediche o in farmacia. Mi sento punito dallo Stato per cercare di stare meglio”.
La diffida al governo e la minaccia della class action
Le associazioni di pazienti hanno inviato una diffida al governo, chiedendo un immediato tavolo di confronto con il Ministero dei Trasporti e il Ministero della Salute. La richiesta è chiara: una revisione della normativa per distinguere tra l’uso terapeutico e quello abusivo di sostanze psicotrope.
Se non ci saranno risposte entro gennaio 2025, gli avvocati delle associazioni sono pronti a lanciare una class action collettiva. “Siamo determinati a difendere i nostri diritti in ogni sede, fino alla Corte Europea se necessario”, dichiara l’avvocato Francesca De Santis, che rappresenta oltre 10.000 pazienti firmatari della diffida.
Il silenzio del governo e le prime rivolte
Nonostante le richieste, il governo Meloni e il ministro Salvini non hanno ancora risposto ufficialmente. Nel frattempo, sono iniziate le prime proteste in diverse città italiane, con sit-in davanti alle prefetture e manifestazioni nei capoluoghi regionali.
Le associazioni denunciano anche il rischio di stigmatizzazione sociale. “Questa norma ci etichetta come pericolosi. La verità è che siamo già invisibili per il sistema sanitario e sociale, e ora vogliono toglierci anche la dignità”, accusa Maria F., presidente dell’associazione Liberi di Guidare.
Un dibattito aperto: sicurezza stradale o diritti umani?
Il tema divide l’opinione pubblica. Da un lato, chi sostiene che la sicurezza stradale debba prevalere su tutto. Dall’altro, chi sottolinea che punire indiscriminatamente i pazienti è una grave violazione dei diritti umani.
Secondo alcuni esperti, il problema risiede nella mancanza di una regolamentazione chiara che consenta di distinguere tra chi guida sotto l’effetto di sostanze illegali e chi, invece, è in regolare terapia medica. “Servono strumenti più sofisticati per valutare l’idoneità alla guida. Il governo non può risolvere tutto con misure repressive”, spiega il dottor Lorenzo Martini, medico specializzato in terapia del dolore.
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Conclusioni
La questione resta aperta e il 2024 si chiude con un clima di tensione crescente tra il governo e una parte vulnerabile della popolazione. La battaglia dei pazienti in cura con la cannabis terapeutica è un grido di aiuto che non può più essere ignorato. “Non chiediamo privilegi, solo giustizia e rispetto per la nostra condizione”, conclude Giulia R.
La palla ora passa al governo. Risponderà alle richieste dei cittadini o lascerà che il conflitto esploda in tribunale?