Inps, Tridico cacciato lancia l’allarme: ecco cosa rischiano ora i pensionati

Una delle notizie che ha fatto discutere di più negli ultimi giorni è l’uscita di Pasquale Tridico dall’INPS per volere del governo Meloni. Una notizia che ha lasciato spiazzato lo stesso Tridico, ma che preoccupa anche milioni di italiani alle prese con pensioni e contributi. Che succederà adesso dopo la cacciata di Tridico dall’Inps? È lo stesso ex presidente a svelarlo a La Notizia.

In pratica “le pensioni sono state rivalutate rispetto all’inflazione – già quest’anno per 22 miliardi – contrariamente alle retribuzioni che rimangono al palo. E questo crea il rischio di un buco nelle casse dell’istituto previdenziale, tra entrate e uscite, oltre a penalizzare oltremodo i lavoratori che a differenza dei pensionati non recuperano il potere d’acquisto” spiega Tridico.

L’allarme è stato lanciato proprio dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che nel corso di un convegno sulle disuguaglianze salariali ha ribadito la necessità di introdurre nel nostro Paese un salario minimo, misura che salvaguarderebbe almeno le fasce con i redditi più bassi. Nella media del primo trimestre del 2023, nonostante il progressivo rallentamento della crescita dei prezzi, la differenza tra la dinamica dell’inflazione e quella delle retribuzioni contrattuali, secondo gli ultimi dati Istat, rimane superiore ai sette punti percentuali.

Le ricerche presentate al convegno hanno fotografato un Paese nel quale cresce la disuguaglianza salariale tra giovani e anziani ma anche quella tra lavoratori a basso reddito e lavoratori ad alto reddito. Tra le paghe di giovani e anziani il gap è aumentato del 19% tra il 1985 e il 2019, nonostante l’età media si sia significativamente alzata da 35,8 a 42,7 anni e sia più difficile reperire sul mercato lavoratori giovani.

Ma è peggiorata anche la situazione per i lavoratori a reddito più basso, con gli occupati al decimo percentile di reddito che nel 2018 in termini reali prendevano in media di meno rispetto al 1985 a fronte delle retribuzioni crescenti nel 90mo percentile. Il dato è spiegato anche con un numero di ore lavorate inferiore, ma di fatto le fasce in situazione di difficoltà sembrano restare ai margini.

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