Andrea Scanzi distrugge il governo in tv: “Una delle classi dirigenti peggiori degli ultimi anni” VIDEO

Andrea Scanzi è stato ospite da Lilli Gruber a Otto e mezzo insieme a Massimo Cacciari e Rita Lofano. Tra le altre cose Scanzi ha commentato l’operato del governo sui migranti, sull’economia e il sociale. Vediamo cosa ha detto durante la trasmissione di La7. “Meloni rivendica tutti i provvedimenti che sono stati attivati sul fronte della sicurezza e della legalità e traccia perfino un quadro positivo stampato e distribuito anche come opuscolo dal titolo ‘l’Italia vincente’: c’è troppo ottimismo, sei una celebrazione caricaturale, comprensibile, ma imbarazzante. Difficile che un oste abbia il coraggio di dire che nel suo ristorante si mangia male. Sono i dati a sbugiardarla: le sue omissioni e bugie su tutto, sull’occupazione, la giustizia, sulla migrazione.

Questa è una delle peggiori classi dirigenti degli ultimi anni. Quante volte in quest’ultimo anno ci siamo trovati in televisione e abbiamo dovuto commentare i lapsus, gli errori, le uscite fuori posto dei Lollobrigida, La Russa, Santanchè, Valditara, Piantedosi e potrei andare avanti… La sua grande fortuna è che oggi sta vincendo per mancanza di avversari credibili” spiega Scanzi nel corso del suo intervento.

Tra l’altro, come ricorda anche Fanpage, ci sono molte promesse non mantenute dal governo dopo questo primo anno. Ricordiamole un attimo. ‘Più assumi meno paghi’ era stato lo slogan con cui Meloni aveva riassunto la sua ricetta economica, nel corso di tutta la campagna elettorale. “Ci impegniamo da subito a introdurre un meccanismo di super-deduzione del costo del lavoro, per chi aumenta il numero degli occupati rispetto agli anni precedenti”, spiegava l’allora candidata alla presidenza del Consiglio, in una delle pillole di programma, pubblicate sui social, durante la campagna elettorale.

Come può cambiare l’Irpef nel 2024 e chi ci guadagna con la riforma fiscale del governo Meloni. Un taglio degli oneri per le aziende dal 120 fino al 150 percento sul costo delle nuove assunzioni, con un guadagno di spesa tale, da far impallidire il tanto criticato 110 percento del Superbonus. Il costo dell’operazione era stimato in circa 10 miliardi. Evidentemente, solo una volta arrivata al governo, la premier si è accorta che i soldi per realizzare il suo progetto non c’erano.

Il disaccoppiamento del costo del gas da quello dell’elettricità? Questo provvedimento, Meloni lo aveva addirittura annunciato come il primo che avrebbe preso una volta al governo. Si tratterebbe, in breve, di correggere una stortura del funzionamento del mercato dell’energia – resa evidente dalla crisi del 2022 -, per cui un aumento del prezzo del gas trascina verso l’alto il costo dell’elettricità, prodotto con altre fonti. “Se l’Europa non si muove, possiamo separare i due mercati con una norma italiana, che costa tra i 3 e i 4 miliardi”, spiegava la leader di Fdi prima del voto, dall’autorevole proscenio di Porta a Porta. L’Europa su questo punto non si è mossa, ma l’intento di separare il prezzo del gas e quello della altre fonti di energia a livello nazionale non è mai diventato realtà.

La battaglia contro i colossi del web: era il 2019, dai banchi dell’opposizione alla Camera, l’allora deputata di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni irrideva il presidente del Consiglio Giuseppe Conte sulla web tax, l’imposta a carico delle big company digitali. “Gli facciamo pagare solo il tre percento – accusava Meloni -. Non volete andare a pestare i piedi ai grandi colossi del web.  Noi proponiamo una tassa sulla base del numero degli accessi”. Voi l’avete vista?

Tutte le promesse non mantenute dopo il primo anno di governo

Sempre in tema di ‘lotta ai poteri forti’, in un’altra delle sue pillole di programma sui social, durante campagna elettorale, Meloni tuonava: “In un’azienda in crisi che ricorre alla cassa integrazione, lo stipendio dei manager deve essere sottoposto allo stesso tetto, vigente per i dirigenti pubblici. E nell’anno successivo non ci devono essere dividendi da spartire”. Stesso discorso per le banche salvate con i fondi  dello Stato. Nel primo anno di governo, queste parole non hanno avuto alcun seguito. In compenso, l’esecutivo ha proposto diverse deroghe, per sforare il limite di 240mila euro di compenso ai vertici di organi e imprese pubblici, da ultimo per i dirigenti della rinata società dello Stretto di Messina.

Alla pagina 17 del programma elettorale di Fratelli d’Italia, si trovava la proposta di “istituire una indennità di disoccupazione per gli autonomi che segua le stesse regole dell’indennità prevista per il lavoro dipendente”. L’idea – come spiegava Meloni– era quella di fissare un sussidio di disoccupazione, in caso della chiusura di una partita Iva, basato sulle stesse regole della Naspi. Un primo passo verso l’obiettivo finale, cioè un sistema universale di ammortizzatori sociali. Nel programma dei Fratelli d’Italia, il progetto andava sotto il capitolo dal titolo: “Per un vero Stato sociale che non dimentichi nessuno”. Dodici mesi dopo, i primi a dimenticarsene sembrano essere stati loro.

Per concludere, torniamo a pescare dalla florida fonte di promesse disattese, che sono le pillole video del programma meloniano, distribuite sui social, prima del voto. Il 29 agosto 2022, Giorgia Meloni se la prendeva con la sinistra che “in tanti anni di governo ha aggravato la crisi economica, con politiche distanti anni luce dai bisogni delle persone”. E annunciava che Fratelli d’Italia al governo avrebbe approvato una norma per l’impignorabilità della prima casa. “Se hai piena proprietà della tua abitazione, non ti verrà più sottratta”, diceva Meloni. In realtà, la legge già fissa paletti molto stringenti, per circoscrivere i casi in cui è possibile sottrarre la prima casa al proprietario. Regole che – arrivata alla guida del Paese – la premier non ha a oggi ritenuto di dover cambiare, riporta oggi Fanpage.it.

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