Il giornalista Antonio Padellaro de Il Fatto Quotidiano è intervenuto in diretta a Tagadà, il fortunato programma che va in onda su La7. Tra le altre cose si è parlato di Caivano, ma anche dei problemi interni al centrodestra, con questa diatriba Meloni-Salvini in vista delle Europee. “Quello che ha detto Don Patriciello è una notizia – dice Padellaro – non c’erano carabinieri né polizia quando quei delinquenti sono andati a sparare a Caivano, l’altra notte. Nel senso che non è sorprendente che dopo il viaggio del presidente del consiglio è tornata la Caivano di sempre, anche quella che c’era prima della dello stupro di cui abbiamo parlato a lungo”.
Poi si chiede a Padellaro un commento alla battuta di Fiorello. Lo showman aveva detto che “L’opposizione della Meloni è il Pd? No, suo marito. Quando nel mondo un Giambruno parla, da qualche parte c’è una Meloni che dice ‘e che cavolo’” ha detto Fiorello dal palco del Festival della Comunicazione di Camogli durante una intervista-show con il giornalista Aldo Grasso dal titolo “Da grande vorrei essere la spalla di Fiorello”.
Secondo Padellaro, “A casa Meloni i pantaloni li porta Giorgia, nonostante Giambruno possa essere il compagno perfetto. Il problema è politico: le uscite di Giambruno non sono state tanto gradite dal presidente del consiglio.
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E sulle prossime elezioni europee Padellaro spiega: “I partiti del centrodestra hanno posizioni diverse: Salvini sta cavalcando l’antieuropeismo e quindi si prepara di nuovo all’alleanza con Le Pen. Forza Italia è molto filo-europeista, come lo era Berlusconi e lo saranno anche i suoi eredi. La Meloni è in imbarazzo perché non possiamo non dare atto a lei di aver condotto i primi mesi di governo con un’attenzione particolare sul versante europeo, no. Insomma, in vista delle elezioni ne vedremo delle belle secondo me” conclude Padellaro nel suo intervento.
Perché secondo il capo del Carroccio «coerenza vorrebbe che lei annunciasse per tempo la sua contrarietà a una maggioranza di larghe intese» nel Parlamento europeo. Da più di un mese Salvini ne parla nei colloqui riservati e ci gira intorno nelle dichiarazioni pubbliche. Dietro le schermaglie con Tajani sull’opportunità di aprire a Le Pen invece che a Macron, tiene nel mirino Meloni: ha sempre in testa il suo slogan, «mai con la sinistra», che la leader di FdI usò per svuotarlo di consensi durante la fase del governo Draghi. Confidando di restituirle il colpo, il vicepremier glielo rammenterà, «perché dopo le elezioni non potrà pensare di chiudere l’accordo anche con il Pse come niente fosse».
Meloni contro Salvini in vista delle Europee. Il punto di Antonio Padellaro
La manovra di Salvini — intenzionato così a sottrarre voti da destra a Meloni — parte dal convincimento che Ppe, Ecr e Liberali non avranno i numeri per formare una maggioranza. Tesi che in fondo viene condivisa anche dai maggiorenti di FdI, secondo i quali però l’alleanza a Strasburgo non potrebbe allargarsi agli estremisti francesi e tedeschi, come chiede il Carroccio, siccome i primi ad opporsi sarebbero i Popolari. Ed è così che si tornerebbe alla casella di partenza, cioè alla grossa koalition, a cui si unirebbero i Conservatori di Meloni. Che ha un obiettivo: «Entrare nella stanza dei bottoni anche dell’Europarlamento» e porre fine a una condizione politica schizofrenica. Perché è vero che a Bruxelles i partiti italiani di maggioranza partecipano ai processi decisionali con i loro ministri. Ma a Strasburgo — tranne FI — sono fuori dal giro che conta e che decide le leggi sulla base delle intese tra Ppe, Pse, Liberali e Verdi.
Insomma, tutte le previsioni portano nella stessa direzione. Anche se non è infondato il ragionamento svolto dal ministro Crosetto, che solleva un problema di sistema: «Che senso ha il voto se poi si torna al solito patto tra forze diverse? Come non comprendere che l’alternanza di governo è un modo per aprire un passaggio verso una democrazia compiuta in Europa, restituendo valore alle scelte dei cittadini?» si legge sul Corriere della Sera.