Il nuovo ministro della Cultura, Alessandro Giuli, ha tenuto il suo primo discorso ufficiale alla Camera delle commissioni riunite di Cultura di Camera e Senato, e le sue parole non sono certo passate inosservate. L’intervento, mirato a delineare le linee programmatiche per la guida del Ministero della Cultura (MiC), ha preso una piega inaspettata quando Giuli ha iniziato a parlare di concetti altamente teorici come “apocalittismo difensivo” e “infosfera globale”, termini che hanno immediatamente colto di sorpresa gli ascoltatori, inclusi i parlamentari presenti.
Giuli, che ha apertamente avvertito che la sua introduzione sarebbe stata “un po’ teoretica”, ha presentato una riflessione sulla cultura moderna in relazione alla rapidità delle trasformazioni tecnologiche, parlando di una “quarta rivoluzione epocale” legata alla dimensione tecnica e digitale. Il ministro ha descritto un mondo che sta attraversando una profonda mutazione cognitiva e culturale, dove la tecnologia gioca un ruolo centrale e spesso incontrollato. Ha poi ammonito contro i due estremi opposti di fronte a questi cambiamenti: da una parte l’“entusiasmo passivo” verso la tecnologia, che ignora i suoi rischi, e dall’altra l’“apocalittismo difensivo”, che rifiuta il progresso e vede la tecnologia come una minaccia esistenziale.
Nel suo intervento, Giuli ha anche parlato della necessità di “riaffermare la dignità e la centralità dell’uomo” di fronte alla crescente dipendenza dalla tecnologia, invitando a ricordare le lezioni dell’Umanesimo rinascimentale. “Non l’algoritmo ma l’umano”, ha dichiarato, sottolineando che la coscienza, l’intelligenza e la cultura devono rimanere al centro della società, capaci di plasmare il mondo anche in un’epoca dominata dalla tecnologia.
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Tuttavia, questo linguaggio accademico e altamente astratto non ha trovato terreno fertile tra le file dell’opposizione. Il Movimento 5 Stelle ha immediatamente colto l’occasione per ironizzare sul discorso del ministro, paragonandolo a una sorta di “supercazzola”, termine reso celebre dal film Amici miei per descrivere una frase senza senso ma con una parvenza di serietà. Gaetano Amato, deputato pentastellato, ha espresso il suo disappunto affermando: “Oggi abbiamo in certi momenti fatto fatica a capire cosa stesse dicendo Alessandro Giuli in audizione”. Ha poi proseguito con un tono sarcastico: “Vero è che ci aveva anticipato che l’introduzione sarebbe stata ‘un po’ teoretica’, ma a un certo punto ci si poteva aspettare un ‘come fosse antani’ o ‘con scappellamento a destra’”.
Per Amato, il discorso del ministro sembrava più adatto a un’aula universitaria che a una sede istituzionale, suggerendo che Giuli forse pensava di essere ancora impegnato a sostenere un esame accademico piuttosto che a comunicare le sue linee guida culturali a un Parlamento. “Una supercazzola assurda”, ha ribadito il deputato del M5S, riassumendo l’intervento con una critica che sembra riflettere il sentimento generale di parte dell’opposizione.
Il discorso di Giuli è stato effettivamente denso di riferimenti filosofici e linguistici complessi, ma la reazione delle opposizioni evidenzia una spaccatura non solo sul contenuto, ma anche sul modo in cui un ministro dovrebbe comunicare in sede istituzionale. Se da un lato Giuli ha voluto imprimere una visione alta e sofisticata della cultura italiana in un contesto globalizzato e tecnologico, dall’altro le opposizioni hanno criticato il distacco dalla realtà quotidiana e dalle urgenze pratiche che un settore come quello culturale richiede.
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