La giornata odierna si apre con una notizia a dir poco sconvolgente che arriva direttamente dalla Calabria. In questa storia c’entrano politici e n’dranghetisti, un mix che purtroppo ci siamo abituati a raccontare fin troppo spesso nei nostri articoli. La vicenda inizia nel crotonese, con l’infinito fiume di droga e armi che da Gioia Tauro anche in pieno lockdown arrivava fino a Milano. I carabinieri hanno inflitto un duro colpo alla ‘Ndrangheta calabrese. Ma vediamo chi è coinvolto in questa brutta storia.
A Crotone e provincia, 43 persone sono finite in manette o ai domiciliari perché accusate a vario titolo di associazione mafiosa, associazione a delinquere semplice, truffa, estorsione, trasferimento fraudolento di valori. Sotto la lente degli investigatori del Ros, c’è il clan dei “papaniciani” che storicamente controlla il crotonese. Un’indagine a trecentosessanta gradi che ha finito per toccare anche politica e pubblica amministrazione, con il “solito” corollario di appalti aggiustati, voti chiesti e ottenuti in cambio di futuri favori, falso in atto pubblico, reati ambientali.
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In questo filone è finito ai domiciliari l’ex consigliere regionale e storico ras dei voti di Crotone Enzo Sculco, mentre nella lunga lista di indagati c’è la figlia Flora, che da lui ha ereditato il testimone, in Regione durante la scorsa legislatura. Sotto inchiesta anche l’ex governatore calabrese Gerardo Mario Oliverio, l’ex assessore regionale e ex parlamentare Nicola Adamo, due superburocrati della Regione, Mimmo Pallaria, ex sindaco di Curinga, attualmente consigliere comunale e direttore generale del dipartimento Forestazione della Regione, ed Orsola Reillo, così come l’ex presidente del Crotone calcio, Raffaele Vrenna.
A Rosarno, nel reggino, affondano invece le radici dei Bellocco, che da anni ormai infettano anche l’hinterland milanese. È lì che finiva il fiume di cocaina e hashish che il clan riusciva a far arrivare regolarmente dall’Ecuador, in container che approdavano poi a Gioia Tauro. E droga significa soldi, reinvestiti poi in orologi di lusso in una nota gioielleria del centro di Milano, in beni immobili residenziali, attività commerciali, oltre che nell’acquisto di nuovi carichi di droga.
E il clan, hanno scoperto gli investigatori, gestiva un vero e proprio arsenale di armi comuni e da guerra. A disposizione dei Bellocco c’erano mitragliette Uzi, bazooka e bombe a mano MK2 “ananas”, oltre che pistole Glock, Colt e Beretta.