Alta tensione alla Camera dei Deputati durante l’esame del Ddl lavoro, in particolare sulla questione del salario minimo. La decisione della maggioranza di dichiarare inammissibili oltre 50 emendamenti ha provocato una forte reazione delle opposizioni.
Tra gli emendamenti esclusi, uno dei più controversi riguarda proprio l’introduzione del salario minimo legale, una proposta sostenuta con forza dal Movimento 5 Stelle. Il capogruppo del M5S, Francesco Silvestri, ha annunciato l’abbandono dell’aula da parte dei parlamentari pentastellati, definendo inaccettabile la decisione della maggioranza: “Il nostro emendamento sul salario minimo era adeguatamente quantificato e tecnicamente coperto dal punto di vista economico. La sua inammissibilità è una presa in giro per i lavoratori italiani e una dimostrazione della totale chiusura al dialogo di questa maggioranza. Non possiamo accettare che vengano ignorate le richieste di milioni di lavoratori che chiedono salari dignitosi. Per questo il M5S ha deciso di abbandonare l’Aula. Ora basta”.
La proposta di legge sul salario minimo, sostenuta anche da altre forze di opposizione, mirava a fissare una soglia minima oraria per i salari, che potesse garantire una retribuzione dignitosa per tutti i lavoratori, soprattutto quelli con contratti precari o a basso reddito. Secondo i sostenitori della misura, l’introduzione del salario minimo sarebbe un passo fondamentale per combattere il lavoro povero e ridurre le disuguaglianze sociali. “È assurdo che, in un Paese come l’Italia, non si riesca a garantire un salario minimo legale a chi lavora”, ha dichiarato il deputato M5S Gilda Sportiello. “La maggioranza ha paura di affrontare il tema perché sa che il salario minimo non è solo una misura di giustizia sociale, ma anche una necessità economica per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie”.
Anche il Partito Democratico ha espresso forti critiche alla gestione della discussione in Aula, pur mantenendo la propria presenza durante l’esame del Ddl. La capogruppo del Pd, Chiara Braga, ha chiesto al Presidente della Camera di convocare una Conferenza dei capigruppo per discutere l’atteggiamento della maggioranza. “Rifiutare il confronto su temi così importanti per il Paese, come il lavoro e il salario minimo, è inaccettabile”, ha affermato Braga. “Non possiamo ignorare il grido di allarme che arriva dal mondo del lavoro. Le famiglie sono sempre più in difficoltà e il Parlamento ha il dovere di dare risposte concrete”.
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Le tensioni in Aula sono state alimentate anche dai toni accesi usati dai parlamentari dem, che hanno accusato il M5S di opportunismo politico. “Quando si tratta di votare per le poltrone in Rai, il M5S è sempre presente. Ma quando si discute di temi concreti per i cittadini, preferiscono abbandonare l’Aula”, hanno commentato fonti del Pd. Nonostante ciò, la questione del salario minimo resta centrale nel dibattito politico e si prevede che continuerà a essere uno dei punti caldi della discussione parlamentare nelle prossime settimane.
Le associazioni sindacali e i movimenti per i diritti dei lavoratori hanno già annunciato nuove mobilitazioni per chiedere al governo e al Parlamento di prendere in considerazione la proposta di salario minimo e di affrontare con maggiore serietà la questione delle retribuzioni. “Non possiamo più accettare che il lavoro non sia sufficiente per vivere dignitosamente”, ha dichiarato Maurizio Landini, segretario generale della CGIL. “È ora che la politica ascolti le istanze dei lavoratori e metta fine alla precarietà e ai salari da fame”.
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