Durante la Festa Nazionale del Partito Democratico, Pierluigi Bersani si è ritrovato al centro di un dibattito particolarmente acceso, che ha toccato uno dei temi più sensibili per il campo progressista: le alleanze politiche e, nello specifico, il controverso ruolo di Matteo Renzi. Sul palco, insieme all’ex viceministro Alessandra Todde, Bersani ha cercato di indirizzare il discorso verso la necessità di costruire una coalizione ampia, senza esclusioni e pregiudizi, ma ha dovuto fare i conti con una platea tutt’altro che entusiasta.
La discussione, moderata dal giornalista Marco Damilano, ha affrontato temi come l’autonomia differenziata e il futuro del campo largo, ma il momento di maggior tensione è arrivato quando è stato pronunciato il nome di Renzi. Il pubblico, formato perlopiù da sostenitori del PD, ha reagito con un coro di dissenso appena evocato l’ex premier, con mormorii e proteste che hanno evidenziato quanto la figura di Renzi continui a dividere il centrosinistra. “Ci stanno buttando in casa la solita cosa… non pensate che queste cose ce le porti la cicogna”, ha detto Bersani, facendo riferimento alle dinamiche interne al campo progressista e alla difficoltà di evitare veti tra le diverse forze politiche. “Non ci devono buttare in casa il tema Renzi o non Renzi”, ha proseguito, cercando di calmare il malcontento del pubblico, che però non sembrava disposto a fare un passo indietro.
Bersani, con il suo tipico pragmatismo, ha cercato di arginare la polemica sostenendo che non si può procedere con veti reciproci, ma che occorre piuttosto una visione più ampia. “Bisogna trovare una soluzione che dica no ai veti e no alle ambiguità. Come si fa? Il punto qual è? Passare dall’opposizione alla costruzione dell’alternativa”, ha spiegato l’ex segretario del PD, sottolineando che è necessario uno sforzo collettivo da parte di tutte le forze di opposizione, dal PD al Movimento 5 Stelle fino all’Alleanza Verdi e Sinistra. Secondo Bersani, queste forze dovrebbero partire da quattro principi comuni per poi avviare un confronto aperto e inclusivo, senza escludere nessuno, nemmeno chi ha sostenuto la destra in passato, ma che ora potrebbe cambiare posizione. “Non è sensato?”, ha chiesto retoricamente alla platea.
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Il tentativo di Bersani di smorzare le tensioni non ha tuttavia convinto del tutto il pubblico, che ha continuato a manifestare insofferenza nei confronti dell’idea di un’eventuale alleanza con Renzi. Damilano, cogliendo il momento, ha provocato ulteriormente Bersani ricordando una foto che ha fatto discutere quest’estate: l’abbraccio tra Elly Schlein e Matteo Renzi. Un’immagine che ha suscitato non poche polemiche all’interno del PD, e che Damilano ha accostato a un altro celebre abbraccio, quello tra lo stesso Bersani e Renzi nel 2013 a Firenze, quando Renzi veniva presentato come il futuro premier. “Quando Renzi ti abbraccia, cosa succede esattamente?”, ha chiesto con ironia Damilano. Bersani, però, ha evitato di cadere nella provocazione, rispondendo in modo vago e preferendo non alimentare ulteriori polemiche su un passato ormai lontano, ma ancora vivo nella memoria del pubblico dem.
Più incisiva è stata invece Alessandra Todde, che ha voluto mettere in luce un altro aspetto del problema: quello della credibilità. Rispondendo a una domanda di Damilano, Todde ha spiegato che la questione non è tanto un veto a Renzi, ma una questione di coerenza nei comportamenti. “La credibilità ha un costo, ha un peso”, ha dichiarato Todde. “Non è una questione di veti, è una questione di misurarsi rispetto ai comportamenti delle persone. Condivido che dobbiamo abbracciare un popolo moderato, che ha visioni diverse dalle nostre e che condivide valori di base, però c’è un tema: quello che si dice bisogna anche professarlo in maniera credibile”, ha aggiunto l’ex viceministro, sottolineando come l’incoerenza tra le parole e le azioni possa danneggiare la fiducia degli elettori. “Se dico una cosa e poi dietro le spalle ne faccio un’altra, la gente si chiede perché cavolo ti devo votare?”, ha concluso, lanciando un messaggio chiaro a chi, come Renzi, è percepito da una parte dell’elettorato come incoerente.
Il dibattito ha messo in evidenza le profonde divisioni all’interno del campo progressista, che sembra ancora lontano dal trovare una linea unitaria su come affrontare le prossime sfide elettorali. Se da un lato c’è chi, come Bersani, cerca di evitare chiusure aprioristiche, dall’altro esiste un malcontento diffuso verso figure come Renzi, che viene ancora visto come divisivo e poco affidabile. La strada per costruire una coalizione solida e credibile appare quindi ancora lunga e complessa, e il rischio di frammentazioni interne è sempre dietro l’angolo.
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