Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, nei giorni scorsi, si era presentato di fronte alle telecamere per rassicurare gli italiani sul caso di Cecilia Sala, la giornalista detenuta in Iran. Con dichiarazioni che avrebbero dovuto calmare le preoccupazioni, Tajani aveva fornito informazioni dettagliate sulla sua situazione, affermando che:
1. Cecilia Sala era in buona salute.
2. Si trovava in una cella da sola, a differenza di Alessia Piperno, che in passato era stata trattenuta in condizioni diverse.
3. Era trattata con dignità e rispetto dei diritti umani.
4. Avrebbe ricevuto beni di prima necessità inviati dal nostro Paese tramite l’ambasciata italiana in Iran.
Oggi, però, queste affermazioni si sono rivelate inesatte, se non addirittura false. È Lorenzo Tosa, giornalista noto per la sua schiettezza e il suo impegno, a lanciare l’accusa più dura, mettendo in evidenza le gravi discrepanze tra quanto dichiarato da Tajani e la realtà dei fatti.
I punti della smentita
1. La salute di Cecilia Sala.
Contrariamente a quanto affermato dal ministro, Sala non è affatto in buona salute. Le testimonianze e le informazioni emerse negli ultimi giorni descrivono una situazione drammatica: la giornalista sarebbe fisicamente e psicologicamente provata, una condizione ben lontana dall’immagine rassicurante dipinta dal governo italiano.
2. La questione della cella.
Tajani aveva precisato che Cecilia Sala si trovava in una cella da sola, come se questo dettaglio fosse una garanzia di condizioni accettabili. Tuttavia, si è scoperto che è detenuta in isolamento totale, una pratica che, in termini di diritti umani, rappresenta una delle forme più gravi di detenzione. Confondere la “cella singola” con l’isolamento è, secondo Tosa, un errore imperdonabile per un ministro degli Esteri, perché denota o incompetenza o superficialità.
3. Il trattamento e la dignità della persona.
Le dichiarazioni ufficiali parlavano di rispetto della dignità umana, ma ciò che emerge è ben diverso. Sala sarebbe sottoposta a una forma di tortura bianca, una tecnica di pressione psicologica estrema che mira a spezzare la volontà della persona detenuta. Una condizione indegna e inaccettabile, che contrasta con qualsiasi principio di rispetto dei diritti umani.
4. Il pacco mai arrivato.
Infine, Tajani aveva assicurato che il governo italiano, tramite l’ambasciata, avrebbe inviato a Sala beni di prima necessità. Anche questa promessa è caduta nel vuoto: il pacco non è mai giunto alla giornalista.
Le accuse di Lorenzo Tosa
Di fronte a questa situazione, Tosa non usa mezzi termini. Nel suo intervento, il giornalista accusa Tajani di aver mentito al Paese o, nella migliore delle ipotesi, di aver fornito informazioni false senza verificarle. Entrambe le ipotesi, sottolinea Tosa, sono gravissime e incompatibili con il ruolo istituzionale che Tajani ricopre.
“Le cose sono due: o ha mentito deliberatamente, e allora dovrebbe dimettersi immediatamente, oppure ha dimostrato una superficialità e un dilettantismo tali da renderlo inadatto a gestire una crisi internazionale così delicata. In un Paese normale, le dimissioni sarebbero arrivate in cinque minuti. E invece, eccolo ancora lì, a fare strategie e dichiarazioni, come se nulla fosse accaduto.”
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Le dimissioni come atto dovuto
Il caso Cecilia Sala è diventato non solo un dramma personale, ma un banco di prova per la credibilità del governo italiano. La gestione della vicenda ha sollevato interrogativi inquietanti sulla capacità di Tajani di gestire situazioni internazionali complesse. Per Tosa, le dimissioni del ministro non dovrebbero essere viste come una punizione, ma come un atto necessario per ristabilire la fiducia nelle istituzioni.
La vicenda mette in luce, ancora una volta, le profonde contraddizioni del nostro sistema politico, dove la responsabilità sembra essere una parola vuota. Resta ora da capire se Tajani risponderà alle accuse e, soprattutto, se sarà disposto ad assumersi le sue responsabilità. In gioco non c’è solo la credibilità di un ministro, ma quella dell’intero Paese.
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