C’è stata un’importante novità nella vicenda di Giulio Regeni, scomparso il 25 gennaio 2016 in Egitto. Il processo per l’omicidio di Giulio Regeni, in cui sono imputati Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abedal Sharif, tutti appartenenti ai servizi segreti egiziani, potrà andare avanti. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, che ha esaminato la questione di legittimità sollevata dal Gip del Tribunale di Roma in relazione alla celebrazione del processo per il sequestro e l’omicidio del ricercatore. La famiglia del giovane ricercatore ha dichiarato: “Avevamo ragione, ripugnava il ‘no’ al processo”.
In attesa che i Giudici depositino le motivazioni della sentenza, la Consulta precisa che “la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice procede in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall’art. 1, comma 1, della Convenzione di New York contro la tortura, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato, è impossibile avere la prova che quest’ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell’imputato stesso a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa”.
Il 25 gennaio 2016, il mondo venne sconvolto dalla tragica notizia della scomparsa di Giulio Regeni, un giovane ricercatore italiano di 28 anni, a Il Cairo, Egitto. L’evento avrebbe successivamente scatenato un lungo e complicato mistero che ancora oggi non è stato completamente risolto. Giulio Regeni era un dottorando all’Università di Cambridge, appassionato di diritti umani e con uno spiccato interesse per l’Egitto. Era nel paese nordafricano per condurre ricerche sulla sindacalizzazione indipendente, un argomento sensibile in un’Egitto in cui il regime del presidente Abdel Fattah al-Sisi era noto per la sua repressione delle libertà civili.
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La sua scomparsa innescò immediatamente una serie di preoccupazioni e richieste di indagini. Inizialmente, le autorità egiziane affermarono di non avere informazioni sulla sua scomparsa. Tuttavia, il 3 febbraio 2016, il corpo di Regeni fu ritrovato abbandonato in una fossa nella periferia del Cairo. La sua morte era stata preceduta da terribili torture: costretto a confessare informazioni false, aveva subito fratture multiple e lesioni profonde sulla pelle. L’orrore di questa storia scosse l’Italia e il mondo intero. I genitori di Giulio, Paola e Claudio Regeni, fecero appelli disperati per una piena indagine sulla morte del loro figlio. In Italia, l’opinione pubblica e i politici di diversi schieramenti chiesero giustizia e la verità sulle circostanze della morte di Regeni.
Tuttavia, l’indagine ufficiale delle autorità egiziane fu oscurata da molte incoerenze e ostacoli. Le autorità egiziane fornirono versioni divergenti degli eventi, e molte prove sembrarono essere state manomesse o nascoste. L’inchiesta italiana sul caso concluse che Giulio Regeni era stato vittima di una “vera e propria macchina della tortura” e che non c’erano dubbi che le autorità egiziane fossero coinvolte nella sua morte. Le pressioni internazionali crescevano, con il Parlamento europeo che chiedeva una risoluzione per condannare l’Egitto per il trattamento inflitto a Regeni e per chiedere un’indagine completa e trasparente sulla sua morte. Tuttavia, il governo egiziano ha costantemente negato qualsiasi coinvolgimento e ha respinto le richieste di cooperazione.
Nel 2020, il procuratore italiano ha emesso cinque mandati di cattura nei confronti di alti ufficiali di sicurezza egiziani, sospettati di essere coinvolti nella tortura e nell’omicidio di Regeni. Nonostante questo importante passo avanti, la giustizia rimane elusiva, poiché l’Egitto ha continuato a rifiutare l’estradizione degli indagati. La vicenda di Giulio Regeni è diventata un simbolo della lotta per i diritti umani in Egitto e ha sollevato domande su quanto profondo sia il rispetto per tali diritti in una nazione governata da un regime autoritario. La comunità internazionale continua a chiedere giustizia per Giulio Regeni e per tutte le vittime di violazioni dei diritti umani in Egitto.
Ecco la reazione di Giuseppe Conte alla pronuncia della Corte Costituzionale: