Alessandro Sallusti, direttore de “Il Giornale”, ha perso la causa per diffamazione contro Marco Travaglio, direttore de “Il Fatto Quotidiano”. Il contenzioso era nato a seguito di un editoriale pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” nel 2018, intitolato “Sallusti, che fare?”, in cui Sallusti era stato descritto come “fedele cagnolino di B.”. L’espressione, chiaramente riferita alla presunta fedeltà di Sallusti a Silvio Berlusconi, non è stata accolta di buon grado dal direttore de “Il Giornale”, che aveva deciso di citare in giudizio Travaglio per ottenere un risarcimento dei danni morali subiti.
Il tribunale, tuttavia, ha stabilito che le espressioni utilizzate da Travaglio rientrano nel legittimo esercizio del diritto di critica e satira, riconoscendo quindi che la definizione “fedele cagnolino di B.” non costituisce diffamazione ma rappresenta una valutazione soggettiva, seppur pungente, nei confronti di Sallusti. Di conseguenza, la richiesta di risarcimento danni presentata da Sallusti è stata respinta.
La sentenza ha anche previsto che Alessandro Sallusti dovrà pagare le spese legali, che ammontano a 14.000 euro. Questa decisione rappresenta una vittoria significativa per Marco Travaglio e per “Il Fatto Quotidiano”, che si vedono così riconosciuti il diritto alla libertà di espressione e di critica, anche quando questa assume toni particolarmente duri o satirici.
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La vicenda giudiziaria si inserisce in un contesto di continue polemiche e rivalità tra i due direttori, noti per le loro posizioni politiche e giornalistiche diametralmente opposte. Mentre Sallusti è considerato vicino alle posizioni del centrodestra e in particolare a Silvio Berlusconi, Travaglio è noto per le sue critiche feroci e costanti ai partiti tradizionali e alle figure di potere, inclusa quella di Berlusconi.
Proprio nel giorno della sentenza, “Il Giornale” aveva pubblicato un articolo in cui accusava Travaglio di fare le pulci a tutti, sostenendo che avesse il record di condanne per diffamazione, un’affermazione che Travaglio ha prontamente smentito definendola falsa. Nonostante le accuse e le critiche ricevute, la sentenza del tribunale rappresenta un ulteriore successo legale per Travaglio, consolidando la sua posizione nel panorama giornalistico italiano e ribadendo il diritto alla critica anche nei confronti di personaggi pubblici di rilievo.
La decisione del tribunale conferma anche i confini entro cui la satira e la critica possono muoversi in Italia, ribadendo che, finché non si travalicano certi limiti e non si scade nella diffamazione vera e propria, è possibile esprimere opinioni anche fortemente negative o ironiche nei confronti di figure pubbliche senza incorrere in sanzioni penali o civili. Questa sentenza, dunque, potrebbe avere ripercussioni significative non solo per i protagonisti della vicenda, ma anche per il più ampio dibattito sulla libertà di stampa e di espressione nel Paese.