Oggi ritroviamo una vecchia faccia del PD, Massimo D’Alema. Uscito dai riflettori, l’ex presidente del consiglio è indagato per una strana questione. Assieme a lui, al centro delle indagini, ci sarebbe Alessandro Profumo, di cui avevamo già sentito parlare non molto tempo fa. Ma cerchiamo di capire cosa è successo stamattina.
L’accusa è di compravendita di armi dalla Colombia. La Procura di Napoli ha disposto le perquisizioni nei confronti di Massimo D’Alema e Alessandro Profumo. È la svolta nelle indagini che vanno avanti da 15 mesi. Indagato anche l’ex direttore generale di Fincantieri Giuseppe Giordo.
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I magistrati ipotizzano che gli indagati siano stati i “promotori dell’iniziativa economica commerciale di vendita al governo della Colombia di prodotti di aziende italiane a partecipazione pubblica. Leonardo, in particolare, con aerei M 346 e Fincantieri per Corvette piccoli sommergibili e allestimento cantieri navali. L’obiettivo? Ottenere da parte delle autorità colombiane la conclusione degli accordi sulle forniture di oltre 4 miliardi di euro”. La trattativa poi non andò in porto.
D’Alema si è mostrato stupito ma molto collaborativo quando, intorno alle 9 di oggi, gli agenti della Digos hanno bussato alla porta della Fondazione “Italianieuropei” di piazza Farnese, a Roma. Contemporaneamente altri agenti eseguivano le perquisizioni in casa di Profumo, nel centro di Milano, in casa del commercialista Gherardo Gardo, nel Bolognese, e nell’appartamento di Giordo, a Milano. Sotto la lente degli investigatori computer e cellulari per le perquisizioni informatiche disposte dai pubblici ministeri.
Cosa hanno fatto D'Alema e Profumo
Nella ricostruzione della Procura, Francesco Amato ed Emanuele Caruso avrebbero operato “quali consulenti per la cooperazione internazionale del ministero degli Esteri della Colombia tramite Giancarlo Mazzotta. Riuscivano ad avere contatti con Massimo D’Alema il quale, per gli incarichi rivestiti nel tempo, fungeva da mediatore informale nei rapporti con i vertici delle società italiane. Ossia Alessandro Profumo quale amministratore delegato di Leonardo e Giuseppe Giordo quale direttore generale della divisione navi militari di Fincantieri. Tale operazione era volta a favorire e ottenere da parte delle autorità colombiane la conclusione di accordi per un valore complessivo di oltre 4 miliardi di euro. Per ottenere ciò offrivano e promettevano ad altre persone il corrispettivo illecito di 40 milioni di euro corrispondenti al 50% della complessiva provvigione di 80 milioni di euro” si legge.
L’indagine prende in esame anche le posizioni di “Edgard Fierro Flores capo del gruppo di lavoro per la presentazione di opportunità in Colombia, Marta Lucia Ramirez ministro degli Esteri e vice presidente della Colombia, German Monroy Ramirez e Francisco Joya Prieto delegati della commissione del Senato colombiano”.
La somma complessiva di 80 milioni di euro sarebbe stata in concreto da ripartirsi tra “la parte colombiana” e la “parte italiana” attraverso il ricorso allo studio legale associato americano Robert Allen Law – segnalato e introdotto da D’Alema quale agente e formale intermediario.