Dimissioni Sgarbi, Scanzi rivela: “Non l’ha deciso lui” IL VIDEO

Andrea Scanzi ha rivelato in diretta web che le dimissioni di Sgarbi sono state chieste dall'Antitrust. Ecco cosa è successo.

Andrea Scanzi ha rivelato in diretta web che le dimissioni di Sgarbi sono state chieste dall’Antitrust. Ecco cosa è successo. Ne parla oggi anche il Fatto Quotidiano. La sentenza dell’Antitrust attesa dal governo, rimasto immobile di fronte alle inchieste del Fatto sul sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, è finalmente arrivata. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato censura le attività private e sotto compenso del critico d’arte perché incompatibili con quella istituzionale: “Il sottosegretario alla Cultura, prof. Vittorio Sgarbi ha esercitato attività professionali in veste di critico d’arte, in materie connesse con la carica di governo, a favore di soggetti pubblici e privati, in violazione legge 20 luglio 2004, n. 215”, scrive l’Autorità, alla quale l’esecutivo di Giorgia Meloni si era appellato rinviando alla sentenza anche l’eventuale decisione di sollevare dall’incarico il sottosegretario. Tanto che alla fine Meloni e soci non hanno dovuto nemmeno disturbarsi perché Sgarbi ha presentato le dimissioni. Ovvio, non senza contestare il provvedimento: “Farò ricorso al Tar: ho già incaricato lo studio BonelliErede – ha dichiarato Sgarbi al Corriere –. L’Antitrust va contro l’articolo 21 della Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola”, cioè quello che ho sempre fatto”.

La reazione di Scanzi alle dimissioni di Sgarbi

L’Autorità ha invece confermato quanto anticipato dalla prima inchiesta del Fatto sulle conferenze che Sgarbi continuava a fare in tutta Italia, in barba alla legge Frattini del 2004 che stabilisce l’incompatibilità del ruolo istituzionale con “attività professionali in materie connesse alla carica di governo”. Attività che Sgarbi svolgeva con lauti compensi: almeno 300 mila euro solo da febbraio 2023 allo scorso ottobre, quando il Fatto ne ha dato notizia avviando un’indagine che si è poi allargata alle ormai note vicende del Manetti rubato e non solo. Presentazioni di mostre, lectio magistralis, ospitate e inviti dai Comuni di tutta Italia mentre gli italiani lo pagano per fare il sottosegretario alla Cultura e prendersi “cura degli interessi pubblici”. Che stesse violando la legge lo dice una volta per tutte l’Antitrust, smontando pezzo per pezzo, appuntamento per appuntamento, la fitta agenda del critico d’arte. Non solo, nelle 60 pagine redatte l’Autorità evidenzia numerosi conflitti d’interessi tra i tanti incarichi di Sgarbi (16 in tutto oltre quello di sottosegretario). Assessore al Comune di Viterbo, sindaco di Sutri, prosindaco di Urbino, commissario generale alle Belle arti e ai musei di Codogno, responsabile nazionale per la valorizzazione dei beni culturali, storici e artistici di Anci, Presidente del Mart di Trento e Rovereto, solo per citarne alcune.

Scrive oggi l’Antitrust: “Ars funge da trait d’union tra il critico d’arte e possibili committenti, sottoponendo una sorta di elenco di proposte, con relativa quantificazione dei corrispettivi, all’interno del quale l’organizzatore può scegliere la performance che preferisce (intervento, lectio magistralis, spettacolo teatrale, ecc.), cui possono essere annessi degli extra, anch’essi a pagamento (partecipazioni del critico a presentazioni tv, permanenza successiva alla chiusura dell’evento con disponibilità a farsi fotografare dal pubblico)”. “L’Autorità deve occuparsi di appurare se ho violato la Legge Frattini, non di capire chi si occupa del mio sostentamento”, ha dichiarato l’ormai ex sottosegretario Sgarbi, che intanto se l’è presa con il ministro della Cultura Sangiuliano, che già ad ottobre aveva confermato al Fatto di aver “dato tutto all’Antitrust e pure Meloni è informata”.

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