Ci sono nuove indiscrezioni importanti che riguardano la vicenda capitata al figlio di Ignazio La Russa, accusato di stupro da una ragazza di 22 anni. Come riporta Repubblica, ci sarebbe stato un incontro casuale all’Apophis club, tra le vibrazioni della musica techno e le luci laser che bucano le ombre della giovane borghesia milanese. Disposta a pagare cinquecento euro per una “membership”, nove mesi di ingressi riservati in uno dei posti più esclusivi nel cuore della città. Tra dj set e bicchieri a 25 euro di alcolici “premium”, il 18 maggio scorso Leonardo “Apache” La Russa, 21 anni, incontra una vecchia amica del liceo, di un anno più grande, arrivata nel piccolo locale in stile londinese con una sua amica.
I due si riconoscono subito, si salutano e iniziano a bere insieme. In consolle, quella sera, c’è uno dei due amici di Leonardo arrivati da Londra. Poi, per la ragazza, il buio. Si risveglia nuda e in stato confusionale a casa di Leonardo, in quella che è anche l’abitazione del padre, il presidente del Senato Ignazio La Russa. Per questo – a differenza del cellulare della ventiduenne e dell’amico di Leonardo, in casa quella notte – il telefono di Leonardo, ora indagato per violenza sessuale, non è stato sequestrato. In attesa di sentire – oggi o domani – la ragazza e per evitare possibili problemi giuridici legati al ruolo e alle garanzie proprie della seconda carica dello Stato. Quando si sveglia a casa La Russa la ventiduenne dice di non capire dove si trova. «Gli ho chiesto spiegazioni, non ricordavo nulla», mette a verbale nella denuncia di lunedì scorso. Leonardo le dice di essere «tornati a casa dalla discoteca» e «di aver avuto un rapporto sessuale consensuale». Ma la giovane sprofonda nel panico. Contatta subito l’amica lasciata nel locale. «Dove sono? – le scrive su WhatsApp –. Perché mi hai lasciato sola?». «Penso ti abbia drogata. Stavi benissimo finché non hai bevuto il drink. Scappa via!», è la risposta. «Aiutami!», scrive ancora la presunta vittima.
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E ricorda: «Ho chiesto di riavere i miei vestiti, che erano al piano di sotto, per andarmene». Capisce di trovarsi dai La Russa perché, a mezzogiorno, «Ignazio La Russa si è affacciato in camera e, vedendomi nel letto, è andato via». Qualche giorno dopo, Leonardo la contatta su Instagram. Una telefonata a cui lei non risponde. «Avevo paura». Queste e altre chat verranno ora analizzate dagli investigatori. Poi contatta la madre e insieme si recano al centro Antiviolenze della clinica Mangiagalli. Dopo quaranta giorni, l’avvocato Stefano Benvenuto deposita la denuncia, e il procuratore aggiunto Letizia Mannella, a capo del pool “soggetti deboli”, e il pm Rosaria Stagnaro iscrivono Leonardo La Russa per violenza sessuale.
Le indagini, coordinate dal capo della procura Marcello Viola, sono delicate e complesse. Difficile, dopo il tempo trascorso dai fatti, avere elementi utili dalle telecamere. La squadra mobile, diretta da Marco Calì, dovrà accertare se quella notte c’è stata una violenza sessuale o un rapporto consensuale. Gli esami alla Mangiagalli hanno individuato, oltre a un’ecchimosi e una ferita a una gamba, anche positività alla cocaina e la presenza di benzodiazepine, anche se non è possibile accertare se dipenda da sostanze che potrebbero essere state sciolte nei cocktail o dall’uso abituale – ammesso dalla stessa ragazza – di tranquillanti prescritti dal medico.
Chi è Apache, il figlio di Ignazio La Russa
Le indagini devono verificare se il consumo di cocaina, con i tranquillanti e l’alcol, possa avere provocato la perdita di sensi. L’avvocato della ragazza si dice certo «che il rapporto sessuale non è stato consensuale», mentre per il legale di La Russa, Adriano Bazzoni, il suo racconto è «fumoso». «È pacifico – dice – che trascorrere la serata insieme e andare a casa di La Russa è stata una scelta condivisa».
Sempre su Repubblica, stamattina, si parla di Apache, il trapper “sottovalutato” (dal titolo di un suo pezzo). Geronimo, il “presidente” collezionista di poltrone amante della velocità. Cochis, il “politico”. Se fosse un romanzo sarebbe “tre piccoli indiani”. Sottotitolo: figli vivaci di padre gagliardo. Oppure – un po’ per scherzo me nemmeno troppo – gioventù “bruciata” e maturità dorata. Volendone emendare i tratti per renderla più presentabile, la storia dei La Russa jr sembra la continuazione di una tradizione di famiglia un po’ spericolata. Che vede nel padre, Ignazio Benito la Russa, il più autorevole interprete.
Esuberanza giovanile, testa calda, azzardi, inciampi. Surfando sopra le righe, e sempre nell’orbita del potere. L’attualità impone di partire dal più piccolo dei La Russa Bros: lui, Leonardo Apache. Il terzogenito che fa brutto con la trap. L’“artistoide” di casa (Geronimo dixit) che adesso la casa la sta facendo tremare. Ma non più per il volume della musica politically uncorrect. Accusato di avere violentato una 22enne, a “Larus” – nome d’arte – tocca subire il contrappasso che, ironia del caso, gli sbatte addosso direttamente dal suo brano più conosciuto. “Sono tutto fatto, sono tutto matto, ti fotto pure senza storie”, canta insieme a Apo Way, un altro trapper, ne “I sottovalutati”.