Foto taroccate? Guai per il ministro del governo Meloni: ecco cosa ha combinato

Oggi vi riportiamo una notizia che ha dell’incredibile, di cui i media italiani non hanno parlato. Si tratta di alcuni articoli scientifici firmati dal ministro della Sanità, Orazio Schillaci, in cui ci sarebbero delle immagini modificate o riciclate da altri studi. Dopo l’inchiesta de Il Manifesto, il caso è arrivato sulle pagine, tra le più autorevoli al mondo nella divulgazione scientifica. L’articolo della consulente per l’integrità scientifica Elisabeth Bik, già intervistata giovedì da Il Manifesto, arriva a una conclusione molto netta: si può trattare di trascuratezza oppure di intenzionalità, ma “in ogni caso” la manipolazione delle immagini “mette in dubbio l’accuratezza di altri risultati sperimentali di questo laboratorio”.

Sotto accusa ci sarebbero le immagini usate in alcune pubblicazioni scientifiche pubblicate tra il 2018 e il 2022 che vedono il ministro Schillaci tra gli autori mentre lavorava presso la facoltà di Medicina dell’Università di Roma Tor Vergata. Analizzate con un software per rilevare eventuali ritocchi o duplicazioni, le immagini hanno mostrato evidenti anomalie, come attribuzioni erronee e duplicazioni da studi precedenti: “Potrebbe essere trascuratezza nel tenere traccia delle immagini, o intenzionalità, perché le immagini si adattano sempre alla narrazione”, ha commentato su Science l’esperta olandese Bik.

Come riporta Il Fatto Quotidiano, Schillaci ha oltre 400 pubblicazioni all’attivo e la frequenza degli articoli scientifici che portano la sua firma è aumentata da quando è stato eletto rettore e poi nominato ministro. Secondo i dati di Scopus, sono ben 148 dal 2019 a giugno, uno ogni 11 giorni. La stessa rivista Science sottolinea che Schillaci ha continuato a pubblicare anche dopo la nomina a ministro della Sanità nel 2022. Secondo Mike Rossner, presidente della società di consulenza Image Data Integrity, le duplicazioni potrebbero essere state involontarie: “È possibile – aggiunge su Science – che l’autore abbia semplicemente preso il file sbagliato“. Ma anche se si tratta di errori semplici, spiega Byrne, “quando un gruppo sembra commettere tali errori ripetutamente, ciò potrebbe indicare che i loro processi di gestione dei dati potrebbero essere difettosi“.

Inoltre, il Manifesto solleva un altro caso: gli studi che contengono immagini probabilmente modificate o riciclate sono stati pubblicati su riviste meno prestigiose o perfino “predatorie”, ovvero quelle che effettuano pochi o nessun controllo sulla validità degli articoli ma pubblicano le ricerche dietro pagamento da parte degli autori. Il caso più emblematico riguarda una delle pubblicazioni – con presunte immagini tarocche – firmata da Schillaci addirittura come “corresponding author“, ovvero l’autore che ha il compito di presentare all’esterno la ricerca e che è responsabile dell’integrità del contenuto.

Questo studio è stato pubblicato su Cancer Research and Reports, rivista che conta all’attivo un solo numero (mai pubblicato) con soli altri 4 articoli oltre a quello firmato dal ministro. Andrea Crisanti, professore di Microbiologia e senatore del Pd, ha detto al Fatto Quotidiano: “Se le cose sono andate così è molto grave, dovrebbe aprire un’indagine il Consiglio universitario nazionale”. Crisanti dopo la sua elezioni a Palazzo Madama si è dimesso dall’università di Padova “nonostante fossi titolare di finanziamenti importanti, che ho ceduto ad altri colleghi”, ricorda oggi a Il Manifesto. E sulla vicenda che riguarda Crisanti aggiunge: “Queste ricerche vengono svolte con soldi pubblici, cioè di tutti noi, e siamo responsabili della loro correttezza. Sono i valori fondanti della comunità scientifica.

Nei paesi anglosassoni o in Germania per queste cose si perde la reputazione“. Praticamente una richiesta di dimissioni: “Dovrebbe essere lui (Schillaci, ndr) per primo a prenderne atto e anticipare le conclusioni. Come ha fatto il rettore di Stanford”. Ovvero Mark Tessier-Lavigne, che si è dimesso due mesi fa in seguito alle accuse di aver firmato ricerche truccate proprio perché contenevano immagini riciclate.

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