Francesca Albanese all’ONU: “A Gaza è genocidio, Israele deve essere sospeso” le parole shock IL VIDEO

Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati, ha scatenato una forte controversia con la sua recente dichiarazione riguardante il conflitto israelo-palestinese. Durante un intervento alle Nazioni Unite a New York, Albanese ha dichiarato che Israele starebbe commettendo un genocidio contro la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza, invitando inoltre l’ONU a considerare la sospensione di Israele come Stato membro. Il discorso della relatrice ha suscitato una reazione internazionale, con accuse di antisemitismo e richieste di dimissioni da parte di diverse figure politiche, compresa l’ambasciatrice statunitense Linda Thomas-Greenfield.

Le Accuse di Genocidio

Albanese ha presentato il suo rapporto, intitolato Genocide as Colonial Erasure, in cui denuncia che il governo israeliano, guidato da Benjamin Netanyahu, stia perseguendo una condotta volta a infliggere sofferenze fisiche e psicologiche tali da portare alla distruzione del popolo palestinese. Secondo Albanese, Israele avrebbe adottato “condizioni di vita calcolate per provocare la distruzione fisica” del popolo palestinese, una condotta che, sostiene la relatrice, può essere definita genocidio.

Pur consapevole della delicatezza del termine “genocidio”, Albanese ha insistito che, nel caso del popolo palestinese, si tratti di una definizione appropriata. “I palestinesi hanno subito crimini di guerra per tutta la loro esistenza,” ha affermato la relatrice ONU, “ma ora siamo di fronte a una situazione diversa. La comunità internazionale ha già fallito nella protezione delle vittime di genocidi in passato, come nel caso del popolo ebraico durante l’Olocausto, dei bosniaci in Jugoslavia e dei tutsi in Ruanda. Oggi stiamo ripetendo lo stesso errore con i palestinesi”.

Reazioni e Polemiche

Le dichiarazioni di Albanese hanno generato un’ondata di polemiche e hanno riacceso il dibattito sull’atteggiamento dell’ONU nei confronti di Israele. L’ambasciatrice statunitense Linda Thomas-Greenfield ha condannato le affermazioni della relatrice, accusandola di antisemitismo e di essere inadatta al ruolo che ricopre. Secondo Thomas-Greenfield, “le Nazioni Unite non dovrebbero tollerare l’antisemitismo, specialmente da parte di un funzionario designato per promuovere i diritti umani”. Questa reazione è stata seguita da un appello dell’organizzazione non governativa UN Watch, che ha lanciato una petizione internazionale chiedendo al Segretario Generale dell’ONU, António Guterres, di rimuovere Albanese dal suo incarico.

Il documento di UN Watch accusa la relatrice di aver adottato posizioni estremiste e polarizzanti riguardo al conflitto israelo-palestinese, e la petizione ha già raccolto firme significative, provenienti da cittadini e governi di diversi Paesi, chiedendo una revisione delle sue responsabilità.

La Questione della Sospensione di Israele dall’ONU

Nel suo intervento, Albanese ha suggerito una soluzione drastica, ovvero la sospensione di Israele come membro delle Nazioni Unite. “È tempo di considerare la sospensione delle credenziali di Israele come Stato membro dell’ONU,” ha dichiarato Albanese, accusando la comunità internazionale di essere complice nella violazione dei diritti umani in Palestina.

Questa proposta è stata accolta con scetticismo e indignazione da diversi Stati membri, soprattutto dagli alleati storici di Israele come gli Stati Uniti, che vedono in queste affermazioni un rischio per la stabilità diplomatica nel Medio Oriente. I sostenitori di Israele all’interno dell’ONU considerano questa proposta una minaccia alla legittimità dello Stato israeliano e temono che possa alimentare sentimenti anti-israeliani e antisemitismo a livello globale.

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Il Contesto della Crisi Umanitaria a Gaza

Le dichiarazioni di Albanese arrivano in un momento particolarmente critico per Gaza, dove il conflitto ha raggiunto livelli di violenza e devastazione senza precedenti. La Striscia di Gaza è sottoposta a blocco economico e militare da diversi anni, una situazione che secondo le organizzazioni per i diritti umani ha causato una grave crisi umanitaria. La recente intensificazione dei combattimenti e delle operazioni militari ha portato alla distruzione di infrastrutture essenziali, aggravando ulteriormente le condizioni di vita della popolazione civile palestinese.

Albanese ha sottolineato che il blocco imposto da Israele e le operazioni militari in corso a Gaza costituiscono una forma di “punizione collettiva” che viola il diritto internazionale. Secondo la relatrice ONU, l’atteggiamento israeliano è sintomatico di un più ampio piano di “cancellazione coloniale” del popolo palestinese, un’accusa che Israele respinge categoricamente.

Le Implicazioni Internazionali e il Futuro della Questione

Le dichiarazioni di Francesca Albanese e la conseguente polemica mettono in evidenza le profonde divisioni che persistono a livello internazionale riguardo al conflitto israelo-palestinese. Mentre alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, considerano Albanese e il suo approccio come un ostacolo alla pace, altri, come diverse nazioni arabe e gruppi pro-palestinesi, appoggiano le sue denunce e vedono nelle sue parole un richiamo necessario per affrontare la questione dei diritti umani in Palestina.

L’attenzione mediatica e la pressione diplomatica attorno alla questione potrebbero spingere l’ONU a prendere una posizione più chiara, anche se appare improbabile che l’organizzazione si allinei pienamente alle posizioni espresse da Albanese. Tuttavia, le parole della relatrice hanno dato voce a una parte della comunità internazionale che ritiene necessario un intervento più deciso da parte dell’ONU.

Conclusioni

Il dibattito attorno alle dichiarazioni di Francesca Albanese mette in luce la complessità della situazione in Medio Oriente e il difficile ruolo delle Nazioni Unite come mediatore imparziale. La controversia evidenzia, inoltre, le crescenti pressioni su Israele riguardo alla sua condotta nei confronti della popolazione palestinese e solleva domande su come la comunità internazionale possa affrontare la questione dei diritti umani in un contesto di conflitto prolungato.

Sarà compito delle Nazioni Unite e dei suoi Stati membri decidere se le dichiarazioni di Albanese rappresentano un passo necessario per una soluzione o se, al contrario, rischiano di alimentare ulteriori divisioni. La questione della sospensione di Israele rimane aperta, ma è chiaro che le accuse di genocidio sollevate dalla relatrice ONU hanno già avuto un profondo impatto sulla discussione internazionale, intensificando il dibattito su uno dei conflitti più complessi e duraturi del nostro tempo.
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