Giuseppe Conte, dopo settimane di campagna elettorale per le amministrative, è tornato a parlare del governo e della situazione politica in Italia. Il leader del M5S non si è risparmiato, tanto che ha affrontato i principali problemi che il Paese sta affrontando, ultimo fra tutti le armi all’Ucraina e la situazione in Rai, dove molti dirigenti e giornalisti sono stati licenziati e mandati altrove. Leggiamo cosa ha risposto Conte al giornalista de La Stampa.
Giuseppe Conte, la via della pace proposta dal Vaticano non piace a Volodymyr Zelensky.
«La mediazione di Papa Francesco può in ogni caso aprire un percorso negoziale costruttivo. Una porta che Europa e Italia devono coraggiosamente tenere aperta».
Non è quello che vogliono tutti?
«Non mi pare. Noto che Giorgia Meloni, con un’espressione che mi ha molto colpito, “scommette” sulla vittoria Ucraina, promettendo illimitate forniture militari. In questo modo però si accetta la possibilità di una carneficina senza fine e di una possibile deflagrazione nucleare».
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Secondo Antonio Tajani l’unica strada possibile per il cessate il fuoco è quella che indicherà Kiev.
«È un’impostazione del tutto sbagliata. Ma temo che lo slancio bellicistico serva a nascondere l’incapacità di affrontare emergenze interne come il caro affitti, i mutui alle stelle, l’inflazione fuori controllo, contratti precari e il crollo del potere d’acquisto di famiglie con stipendi sempre più bassi».
Perché l’Ucraina dovrebbe rinunciare a una parte del proprio territorio?
«Nessuno mette in discussione il diritto dell’Ucraina all’integrità territoriale. Questo non significa che non dobbiamo creare le condizioni per sederci a un tavolo».
Europa, Nato e Stati Uniti sono d’accordo a mandare armi in Ucraina, esattamente come Meloni. Voi non più. Avete valori diversi?
«Più semplicemente noi abbiamo il coraggio di dire che questa strategia militare, che ha bandito la strategia negoziale, porta solo morte e distruzione».
Non confonde il pacifismo con l’antiamericanismo?
«Ho sempre chiarito che la nostra collocazione atlantica non è in discussione. Ma con gli alleati ci si confronta. Se prendiamo solo delle indicazioni allora siamo subordinati».
Da presidente del Consiglio avrebbe comunque detto no all’invio delle armi?
«Mi sarei adoperato in tutti i modi per convincere gli alleati europei che se davvero vogliamo proteggere gli ucraini e la nostra sicurezza dobbiamo essere più coraggiosi e coinvolgere tutti nel processo di pace, evitando l’escalation militare russa. E ancora mi domando perché Giorgia Meloni sia rimasta in Italia a discutere di rave party anziché andare in Cina come Scholz, Macron e molti altri leader europei».
Vuole dire che a livello internazionale pesava più lei di Meloni?
«Non voglio fare confronti personali. Ma osservo che oggi l’Italia, sia a Washington sia a Bruxelles, si sta limitando a seguire indicazioni di altri e non incide su nulla: dall’economia alla guerra, dall’immigrazione alla transizione ecologica. Eppure in campagna elettorale la premier diceva che con lei al governo per l’Europa sarebbe finita la pacchia. In verità non tocchiamo palla».
Meloni vuole reintrodurre la leva volontaria in Italia, condivide?
«Per la destra la passione per le armi è come il richiamo della foresta. Io mi concentrerei di più su contratti stabili, retribuzioni, casa e famiglia».
La passione della destra per le armi va di pari passo con quella per la Rai. Ieri Fabio Fazio e Luciana Littizzetto hanno salutato la tv pubblica. Stupito?
«Direi che è uno dei tanti disastri della gestione Fuortes, un manager che non si era mai occupato prima di radiotelevisione. Il risultato si è visto».
Che cosa c’entra Fuortes?
«Mi risulta che il contratto in scadenza di Fazio fosse sul suo tavolo da molti mesi. Non ha mosso un dito. Lo sappiamo tutti che in Rai i riferimenti culturali di sinistra sono da sempre molto forti. Una capacità di far passare la propria visione che si è accompagnata con lo scarso spessore culturale dimostrato dalla destra».
Come se ne esce?
«Intanto cancellando la riforma Renzi. Ha fatto danni inenarrabili, esponendo la tv pubblica a un’influenza ancora maggiore del governo di turno».
Per sostituirla con che cosa?
«Con un nuovo progetto. Lancio un appello alle forze di maggioranza e di opposizione. Avviamo degli Stati Generali della tv per programmare una riforma che possa definire più compiutamente (aggiornandola) la missione del servizio pubblico».
I partiti dentro o fuori?
«Completamente fuori».
Perché la maggioranza dovrebbe dirle di sì?
«Perché la riforma partirebbe dalla prossima legislatura. Questa maggioranza sta facendo semplicemente quello che hanno fatto tutti prima di lei».
La Rai sta lasciando a La7 il ruolo che una volta era di Rai3?
«Mi pare che questo rischio non ci sia, almeno fino a quando Rai3 sarà presidiata da Mario Orfeo che difende la sua area politica di riferimento come un pretoriano».
Ha seguito il caso Rovelli, censurato alla fiera del libro di Francoforte per avere attaccato il ministro Crosetto il primo maggio?
«Sì. E ho trovato indegna questa censura preventiva nei suoi confronti. Penso che il commissario Levi dovrebbe dimettersi».