Gomez: “Libertà di parola? Anche Mussolini diceva che…” – VIDEO

Peter Gomez de ilfattoquotidiano.it ha partecipato come ospite alla trasmissione "Che sarà". Ecco la sua reazione alla notizia dei consiglieri vestiti da nazisti alla proiezione del film "Comandante".

Ve lo avevamo raccontato già nei giorni scorsi. A Spilimbergo, durante la proiezione del film “Il comandante” un gruppo di persone si è presentata indossando uniformi naziste. La loro foto è stata postata sui social da un esponente locale di Fdi. “Era una rappresentazione storica” hanno spiegato facendo esplodere la polemica. Curioso però che nessuno si sia presentato al cinema vestito con divise da angloamericani, da sovietici o indossando gli abiti dei partigiani (che per l’esponente di FDI avrebbero dato forfait), dice Gomez in diretta a “Che sarà”. Solo dopo la polemica i finti militari sono stati identificati. La Digos aveva invece immediatamente identificato a Milano il loggionista che aveva gridato (dopo l’Inno di Mameli): “Viva l’Italia antifascista”. Davanti a tanto zelo e a tutti quegli opinionisti secondo i quali ciò che è avvenuto alla Scala è “perfettamente normale” viene in mente una frase proprio di Mussolini: “Come si fa a non diventare padroni in un paese di servi?” Ps: La libertà di parola è stata inventata nel ‘700 per parlare male di coloro i quali stanno al potere perché per parlarne bene c’erano già i cortigiani. Che in questa storia di certo non mancano – scrive Gomez sui social.

Il regista di "Comandante": "Una pagliacciata"

Sul tema era intervenuto pure il regista del film con Favino. Edoardo De Angelis ha detto che «il problema non sono solo gli imbecilli abbigliati a quel modo. Ma com’è possibile che un film così dichiaratamente antifascista sia strumentalizzato con tanta spregiudicatezza? Quest’opera è avversaria di ogni governo e ogni politica che infranga le leggi del mare, che lasci annegare esseri umani. Abbiamo solo usato la parabola storica per raccontarlo».

De Angelis se la prende con una «certa sinistra», che «deve adeguare le opere e la realtà ai suoi stereotipi. E ce l’ha anche con la Digos che identifica chi grida “Viva l’Italia antifascista!”. «A Napoli diciamo meglio: si sono qualificati. Ho trovato assurdo che il solito Salvini desse lezioni di bon ton sul fatto che a teatro non si viene per urlare. La conosce la storia dell’opera? Mi auguro che questo sia d’ora in poi il grido rituale dell’opera. Che diventi un segno virale di saluto e riconoscimento: viva l’Italia antifascista».

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