Il recente intervento del ministro della Cultura Alessandro Giuli alla presentazione della rivista della Biennale di Venezia ha suscitato un’ondata di reazioni, tra il serio e il faceto. Le sue dichiarazioni, in cui ha associato la creatività, il corpo umano, l’acqua e il liquido amniotico, sono state accolte con una combinazione di stupore, ironia e critiche. Il discorso ha attirato l’attenzione, non solo per la sua originalità, ma anche per il contesto in cui è stato pronunciato: un momento di difficoltà per Giuli, reduce dalla polemica sul caso Spano e sotto pressione per altre vicende legate alla sua gestione.
Il discorso alla Biennale: tra acqua e creatività
Alla presentazione della rivista, “rinata” dopo 53 anni dall’ultima pubblicazione, Giuli ha colto l’occasione per esprimere una serie di riflessioni metaforiche e filosofiche che hanno rapidamente fatto il giro del web. “Quando si prende in mano una rivista bisogna annusarla, toccarla e ricordarsi che è fatta di acqua,” ha affermato il ministro, sollevando la rivista per avvicinarla al naso, quasi per sentirne l’odore. Ha poi proseguito spiegando che il corpo umano e la creatività stessa trovano la loro origine nel liquido amniotico, una sorta di “brodo primordiale” in cui l’acqua è l’elemento essenziale. Secondo Giuli, l’arte e la cultura sono espressioni che, proprio come l’acqua, necessitano di costante reidratazione per non rischiare di inaridirsi.
La scelta di Venezia come sede per questo discorso non è stata casuale. La città, per il ministro, rappresenta un simbolo della relazione tra civiltà e acqua, una “personificazione” di come l’ambiente acquatico plasmi l’identità culturale. Giuli ha descritto Venezia come “un centro di irradiazione meraviglioso di cultura, civiltà e amore,” rivendicando il valore del capoluogo lagunare come un luogo ideale per un atto d’amore verso l’arte e la cultura.
La risposta pubblica: ironie e critiche
Il discorso di Giuli ha subito suscitato ironie sul web, con meme e battute che si sono moltiplicati rapidamente. Alcuni lo hanno paragonato a un intervento poetico in un contesto che richiedeva maggiore concretezza. Per altri, le parole del ministro sono state un segno di “divagazione filosofica” che mal si conciliava con il ruolo istituzionale che ricopre. In un periodo storico in cui il ministero della Cultura si trova a fronteggiare sfide concrete, come i finanziamenti ridotti e le difficoltà nella gestione dei principali istituti culturali del Paese, molti si sono chiesti se un simile intervento fosse appropriato.
Le reazioni dei parlamentari e dei media riflettono un certo scetticismo verso il ministro, già al centro di polemiche a causa della vicenda del suo ex capo di gabinetto, Giuseppe Spano, dimessosi dopo solo nove giorni. Le sue dimissioni sono state accompagnate da accuse di conflitto d’interessi e hanno alimentato una controversia che ha messo in difficoltà Giuli e il suo entourage. In un tale contesto, le osservazioni del ministro sulla “reidratazione culturale” sono apparse a molti come un modo di evitare il confronto con le problematiche più immediate e concrete della gestione culturale italiana.
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Il caso Spano e altre tensioni nel ministero
Le recenti dimissioni di Giuseppe Spano, capo di gabinetto del ministro, hanno sollevato ulteriori dubbi sulla stabilità della leadership di Giuli al ministero. Spano si è dimesso dopo una bufera scatenata dal programma televisivo Report, che ha messo in luce presunti conflitti d’interessi legati alla sua precedente esperienza al Maxxi (Museo nazionale delle arti del XXI secolo). L’incarico di Spano era stato fortemente voluto da Giuli, ma la sua vicinanza agli ambienti progressisti e alla comunità LGBTQ+ aveva generato malumori all’interno di Fratelli d’Italia, il partito di governo.
Le critiche non si fermano al caso Spano. La gestione del Maxxi durante la presidenza di Giuli è stata oggetto di discussione, in particolare per il calo degli incassi e delle sponsorizzazioni. Il museo ha registrato una diminuzione significativa delle entrate, passando da 2,5 milioni di euro nel 2022 a 1,9 milioni nel 2023, mentre le sponsorizzazioni sono crollate da 1,2 milioni a 600.000 euro nello stesso periodo. Giuli ha risposto a queste critiche sottolineando che al suo arrivo aveva ereditato una programmazione già avviata e che i risultati devono essere valutati a lungo termine.
La polemica sulla mostra sul Futurismo e il caso “Boccia bis”
Un’altra controversia ruota attorno alla mostra sul Futurismo, che avrebbe dovuto essere un evento di grande rilevanza per celebrare i 115 anni dalla pubblicazione del Manifesto di Filippo Tommaso Marinetti. Annunciata dall’ex ministro Sangiuliano, la mostra è finita al centro di polemiche riguardanti la curatela, i prestiti e il budget, e ora è programmata per dicembre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. L’evento, già definito la “mostra della discordia”, è stato coinvolto in dispute interne a Fratelli d’Italia, con accuse di favoritismi e lotte di potere tra diverse fazioni del partito.
Il programma Report ha inoltre lasciato intendere che esistono altre irregolarità amministrative legate al Maxxi, insinuando una “nuova parentopoli” in cui sarebbero coinvolte figure vicine al mondo politico e culturale del centrodestra. L’attenzione si è concentrata su presunti finanziamenti destinati a progetti culturali che coinvolgerebbero personalità vicine ai vertici di Fratelli d’Italia, aumentando la pressione sul ministro.
Una guida incerta in un ministero strategico
Alessandro Giuli si trova quindi a gestire un ministero chiave come quello della Cultura in un momento particolarmente delicato. La gestione del patrimonio culturale italiano richiede non solo visione e sensibilità artistica, ma anche pragmatismo e capacità di affrontare le sfide finanziarie e organizzative che i grandi istituti culturali del Paese devono fronteggiare. Le recenti polemiche e le dichiarazioni controverse rischiano di minare ulteriormente la sua autorevolezza e di alimentare le divisioni interne al governo.
Il discorso alla Biennale ha rivelato il tentativo del ministro di riportare l’attenzione sulla dimensione più filosofica e spirituale della cultura, forse nel tentativo di sviare dai problemi concreti. Tuttavia, molti osservatori hanno percepito un certo scollamento tra le sue parole e le esigenze pratiche del settore culturale, soprattutto in un contesto di riduzione dei finanziamenti e di crisi di alcune istituzioni culturali.
Conclusione
Le parole di Giuli sulla creatività, l’acqua e il corpo umano, pur suggestive, hanno aperto il dibattito sulla sua capacità di guidare un dicastero fondamentale come quello della Cultura. La gestione delle vicende amministrative, le polemiche interne al partito e le difficoltà economiche del settore mettono in discussione la sua leadership. Al di là delle metafore poetiche, l’Italia si aspetta un ministro capace di affrontare i problemi con serietà e concretezza, restituendo centralità e dignità al patrimonio culturale nazionale.
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