Inchiesta di Bergamo, Bersani esprime tutte le sue perplessità dalla Gruber

A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia di Covid che, tra febbraio e aprile 2020, ha straziato la Bergamasca con oltre 6 mila morti in più rispetto alla media dell’anno precedente, è stata chiusa l’inchiesta per epidemia colposa con 19 indagati tra cui l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il Governatore della Lombardia Attilio Fontana e l’ex assessore della sanità lombardo Giulio Gallera.

Al centro dei riflettori negli ultimi giorni le ‘chat sulla zona rossa’ che vedono protagonisti gli esponenti politici.

Dopo la chiusura delle indagini il Pm ha dichiarato: “La conclusione delle indagini, com’è noto, non è un atto d’accusa. L’ attività svolta, sottolineano i magistrati, è stata oltremodo complessa sotto molteplici aspetti e ha comportato altresì valutazioni delicate in tema di configurabilità dei reati ipotizzati, di competenza territoriale, di sussistenza del nesso di causalità ai fini dell’attribuzione delle singole responsabilità e ha consentito di ricostruire i fatti così come si sono svolti a partire dal 5 gennaio 2020″ ha concluso.

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Anche Pierluigi Bersani è intervenuto a ‘Otto e Mezzo’ per dire la sua sulla conclusione delle indagini bergamasche: “Bisogna vedere le carte e gli atti, ma sono molto, molto perplesso. Bisogna ricordare che siamo stati i primi in Occidente ad essere stati colpiti da qualcosa di sconosciuto. Dopodiché, potevano essere fatte altre cose, abbiamo avuto delle discrepanze. Se qualcuno ha fatto la zona rossa in Emilia o altri posti, le ha fatte la Regione, non il Governo. Prendo atto, ma c’era chi faceva la zona rossa e chi no, chi non voleva le mascherine. Sono cose delicate, ma vedremo”, ha concluso.

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