Da amici a nemici. Non c’è dubbio che una delle notizie più chiacchierate di questi giorni sia la nomina di Luigi Di Maio a inviato Ue nel Golfo Persico. Tra l’altro nelle ultimissime ore la strada sembra ormai spianata per l’ex Cinque Stelle, dato che il comitato politico e di sicurezza composto dai 27 ambasciatori dell’Unione ha dato il suo beneplacito alla nomina, che adesso dovrà affrontare alcuni passaggi amministrativi prima di finire davanti al Consiglio europeo per la definitiva approvazione.
Dall’Italia, però, arrivano le prime reazioni alla nomina di Di Maio e in molti aspettavano di sapere cosa avrebbe detto l’ex amico Di Battista sulla questione. Durissima la reazione di “Dibba”, dato che l’ex parlamentare del M5S ha usato parole feroci definendo Di Maio un «un traditore» per il suo estremo sostegno al governo Draghi. “Nomina legata alla pavidità e al tradimento politico, questo è evidente” ha detto Alessandro Di Battista a margine della presentazione del libro ‘Il processo a Julian Assange, storia di una persecuzione’. “Se non avesse preso le parti di Draghi e se non si fosse piegato agli interessi statunitensi e ai diktat rispetto alla guerra in Ucraina non avrebbe ottenuto questo incarico” ha concluso.
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Su tutte le furie per la nomina di Di Maio c’è anche la Lega, che nei giorni scorsi aveva bollato l’ex ministro degli Esteri come «inadeguato», «del campo politico avverso». E dopo il primo sì europeo a Di Maio il tiro leghista si è alzato ancora: «È una grave mancanza di rispetto verso gli elettori italiani, che ne hanno sonoramente bocciato l’operato, verso il governo che non lo sostiene e verso tanti bravi diplomatici che avrebbero avuto le carte in regola per ambire al ruolo».
Dalla Farnesina Tajani ha già provveduto a stemperare le polemiche con una dichiarazione di circostanza che, però, lascia intendere chiaramente che nessuno si metterà a fare le barricate: «Non ho pronunciato una parola contro, ho detto solo che Di Maio non è il candidato del governo italiano, è stata una sua autocandidatura quando era ministro degli Esteri, poi l’Alto rappresentante Borrell ha deciso di nominare lui: è una sua scelta. Doveva fare chiarezza e spiegare che non è una candidatura del governo italiano». Eloquente anche la reazione di Carlo Calenda: «Se passiamo da Tony Blair a Di Maio, il Medio Oriente lo vedo male. Ma non sto a stracciarmi le vesti per questo» ha affermato il leader di Azione.