La reazione di La Russa all’inchiesta di Report sulla sua famiglia: ecco cosa ha detto

Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha annunciato l’intenzione di intentare una querela per diffamazione in risposta alle anticipazioni dell’ultima puntata di “Report”, trasmessa su Rai Tre domenica sera. Questa inchiesta giornalistica ha messo sotto i riflettori non solo le fortune personali e le relazioni del padre di La Russa, Antonino, soprannominato Nino, ma ha anche indagato su alcune operazioni imprenditoriali sponsorizzate da familiari del presidente del Senato a Paternò. L’inchiesta ha inoltre analizzato il passato con alcune ombre di un socio attuale in una società a responsabilità limitata immobiliare associata a La Russa.

La reazione di Ignazio La Russa non si è fatta attendere: prima ancora della messa in onda dell’inchiesta intitolata “La Russa Dynasty,” ha dichiarato l’intenzione di intraprendere un’azione legale contro la trasmissione Rai Report. Questo fatto è avvenuto nonostante la trasmissione abbia concesso a La Russa l’opportunità di fornire una replica preventiva in video. Il conduttore della trasmissione, Sigfrido Ranucci, ha dichiarato di aver cercato un’intervista con La Russa, ma quest’ultimo ha scelto di rispondere attraverso un video in cui le domande venivano lette dal suo portavoce.

Ma cosa ha scatenato l’ira del presidente del Senato nei confronti dell’inchiesta? Secondo La Russa, dopo mesi di ricerche su presunte attività illegali, Ranucci avrebbe tentato di screditare suo padre e la sua famiglia, fornendo ricostruzioni completamente distorte – a suo dire – rispetto alla verità e gravemente lesive dell’onore di Antonino La Russa, che oggi avrebbe 110 anni e mai in vita sua avrebbe ricevuto un avviso di garanzia, sempre secondo il presidente del Senato. L’inchiesta di Report ha evidenziato i legami del padre di La Russa, all’epoca segretario del Partito Fascista a Paternò, con figure finanziarie come Michelangelo Virgillitto e Raffaele Ursini, così come quelli con Michele Sindona, noto come il “banchiere di Dio,” che morì in carcere dopo aver ingerito cianuro di potassio. Sindona fu coinvolto in vari scandali finanziari, tra cui l’affare Calvi e fu condannato come mandante dell’omicidio di Giorgio Ambrosoli.

Report ha anche citato le dichiarazioni del colonnello dei carabinieri Michele Riccio riguardo al capomafia Luigi Ilardo, il quale avrebbe sostenuto che Cosa Nostra avesse dato indicazioni nel 1994 di votare per Antonino La Russa e suo figlio Vincenzo nella Sicilia Orientale. Nel 1956, Antonino si trasferì a Milano insieme ai suoi figli Vincenzo, Ignazio e Romano. Report sostiene che ciò sia stato fatto per sostenere Virgillitto, che aveva intanto acquisito la Liquigas con l’aiuto di Sindona. Antonino ricoprì la carica di vicepresidente dell’azienda. La Russa ha sottolineato che Virgillitto fu un benefattore della chiesa e non fu coinvolto in problemi giudiziari, e che Report lo accusa ingiustamente per un episodio del 1938.

Secondo La Russa, Antonino La Russa non era più un candidato politico e il figlio Vincenzo non fu mai sostenuto elettoramente dai familiari, ma fu candidato con l’Udc di Casini, non con Forza Italia. Inoltre, ha affermato che tale circostanza non ha mai generato alcuna conseguenza giuridica, neanche minima, e non è mai stata contestata dalle autorità competenti.

Attualmente, il video dell’inchiesta non è ancora disponibile, mentre i video delle repliche delle dichiarazioni di La Russa lo sono. Nel filmato, il presidente del Senato ha anche parlato di Daniela Santanchè e del caso Visibilia, sottolineando che non ha mai lavorato per Negma, ma ha assistito esclusivamente Santanchè. Riguardo a Sindona e alla Liquigas, ha dichiarato che dopo il 1976 suo padre non ha più intrattenuto rapporti di lavoro con Sindona.

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