In queste ore sta rimbalzando la notizia secondo la quale Daniela Santanchè è andata in “missione orientale” in Cina dal 17 al 24 settembre. Con quali risultati è presto per dirlo mentre è certo, riporta oggi Il Fatto Quotidiano, il costo per i cittadini: oltre 134mila euro, più spese varie, a cui ne vanno aggiunti altri 21mila per la puntata a Seoul. Tutti per spesare la ministra, i suoi collaboratori di fiducia e promuovere il tour della Santanchè. Anche Andrea Scanzi ne ha parlato in diretta sui social. Vi spieghiamo cos’è successo e poi vi facciamo vedere il suo video.
Certo non sono i tempi d’oro della Casta, della più famosa trasferta in Cina della storia politica italiana, quando Craxi partì alla volta di Pechino su un aereo a due piani con 60 persone a bordo, della famosa battuta di Grillo che nell’86 gli costò la cacciata dalla Rai: “Se in Cina sono tutti socialisti a chi rubano?”. E di quella di Giulio Andreotti: “Sono stato a Pechino con Craxi e i suoi cari…”. Sono passati quasi 40 anni, ma quanto ci costa Santanchè col trolley?
Braccata dalla giustizia, mollata dai suoi sulla battaglia contro gli affitti brevi, le resta giusto l’evasione e il gusto del viaggio che rischiano però di mettere a dura prova l’Enit, l’ente del turismo che le fa da bancomat, benché si trovi in esercizio provvisorio, costretto a spostare risorse da un capitolo all’altro, a procrastinare attività ordinarie e ritardare il pagamento dei fornitori per assecondare i desiderata della ministra. Malumori filtrano anche dalle direzioni generali del ministero che si vedono togliere risorse per spenderle a favore dei tour ministeriali.
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Lei non si duole più di tanto. Torna raggiante dal roadshow con le due delegazioni al seguito. Quella istituzionale era composta dal capo di Gabinetto Erika Guerri, il deputato “lollobrigidiano” Gianluca Caramanna, già consulente della ministra, il consigliere diplomatico Simone Landini e gli ancillari Ivana Jelinic dell’Enit e Matteo Zoppas dell’Ice. Quella commerciale da otto rappresentanti del comparto turistico. La sorpresa è scoprire che gli imprenditori si sono pagati tutto da soli. Sì, il conto di cui sopra è tutto per la delegazione “istituzionale”. Come è possibile? Il ministero fa sapere che “il ministro e i delegati istituzionali non si sono serviti di voli di Stato ma di linea e hanno soggiornato negli hotel più convenienti tra quelli convenzionati con le ambasciate e i consolati del luogo. Le due notti di hotel a Macao del ministro e dei delegati istituzionali sono state offerte dagli organizzatori”. Enit ha dunque “sostenuto le spese per la realizzazione degli eventi promozionali commerciali organizzati nelle città in cui la delegazione si è recata”. I documenti visionati dal Fatto però raccontano anche altro.
Il 21 settembre a Macao c’era il Global Tourism Economy Forum. Erano invitati i ministri di vari Paesi europei, ma quello italiano si era svegliato tardi: solo il 31 agosto ha inviato a Enit la comunicazione con cui chiede di occuparsi della gestione di “tutti i servizi organizzativi”, come fossero destinazioni dietro casa. Un referente in loco fa un’istruttoria al volo, i consolati e l’ambasciata danno una mano, ma c’è da mettere in fila trasferimenti, hotel, interpreti, pasti, più “cocktail a Hong Kong”, sale per “incontri business e stampa con area dedicata per il ministro e allestimento maxischermo”. Roba da far felici fior di patriottici operatori. L’intero “pacchetto” finirà invece affidato direttamente (cioè senza gara) a un’agenzia di Pechino (Caissa Travel Service Co.) “capace di garantire il servizio richiesto nei ristretti tempi a disposizione”. Ma a che prezzo? Il conto per tre giorni in Cina sarà di 134.689,26 euro, oltre spese varie. Per la trasferta in Corea altri 21.149,95 euro.