L’analisi di Milena Gabanelli sulla situazione delle armi: ecco quanto si spende nel mondo. Il governo lo sa?

Nel recente intervento di Milena Gabanelli per il Dataroom del Corriere della Sera, viene esaminata la crescente domanda globale di armamenti e la capacità produttiva dell’Occidente di soddisfarla, in particolare alla luce del conflitto in Ucraina. Arrivate fino in fondo all’articolo trovate il video.
II rischio mondiale a cui andiamo incontro
Davanti alla guerra Russo Ucraina e il conflitto in medio oriente , la crescente domanda di armamenti e la capacità produttiva dell’Occidente di soddisfarla sono diventate questioni cruciali. L’intervento di Milena Gabanelli nel Dataroom del Corriere della Sera offre uno sguardo approfondito su queste dinamiche, rivelando una realtà complessa e preoccupante. Con il conflitto in Ucraina come sfondo, emergono interrogativi fondamentali: riuscirà l’Occidente a mantenere l’equilibrio tra la necessità di sostenere Kiev e la protezione dei propri interessi? E quali sono le implicazioni di una corsa globale al riarmo?
Il Disequilibrio tra Domanda e Offerta
A novembre, il capo delle acquisizioni del Pentagono, Bill LaPlante, ha sottolineato con un gesto eloquente l’attuale situazione del mercato globale delle armi: la domanda è alle stelle, mentre l’offerta fatica a tenere il passo. Gli analisti sottolineano che l’Occidente non ha affrontato simili obblighi di rifornimento militare dai tempi della guerra di Corea. Le dieci maggiori società di difesa del mondo detengono ordini per oltre 730 miliardi di dollari, un aumento significativo del 57% rispetto al 2017. Tuttavia, nonostante questa crescita, la produzione non riesce a soddisfare la domanda, mettendo in difficoltà soprattutto i Paesi europei che cercano di bilanciare il supporto a Kiev con il rinnovo dei propri arsenali.

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La Posizione dei Produttori Americani
Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), l’invasione dell’Ucraina ha provocato un aumento drastico delle importazioni di armi in Europa, raddoppiate nel 2022 rispetto ai cinque anni precedenti. I produttori americani sono i principali beneficiari di questa impennata, registrando un aumento delle esportazioni del 17%. Tuttavia, sia le aziende americane che quelle europee affermano che la capacità produttiva è inferiore alla domanda. Armi tecnologicamente avanzate e catene di produzione costose rallentano la produzione. Le società occidentali, essendo private, devono rispettare i contratti esistenti e non possono dirottare le forniture destinate ad altri Paesi verso l’Ucraina. Ad esempio, Lockheed Martin e RTX, produttori di sistemi d’arma cruciali come i Javelin e i Patriot, prevedono che ci vorranno quattro anni per raddoppiare la produzione dei missili Javelin e Stinger. General Dynamics sta accelerando la produzione di colpi di artiglieria per passare dagli attuali 20.000 al mese a 100.000. Inoltre, la situazione a Gaza sta ulteriormente aumentando la pressione sulla domanda.
Le Sfide delle Fabbriche Europee
L’ex vice capo della difesa belga, Marc Thys, ha dichiarato che ci vorranno anni prima che l’Europa possa produrre le armi necessarie per sostenere sia l’Ucraina che i propri eserciti. Le aziende europee, inclusa l’italiana Leonardo, hanno visto aumentare i loro ricavi del 10,4% dall’inizio del conflitto, ma la capacità produttiva è stata ridotta dalla diminuzione dei bilanci della difesa e dalla deindustrializzazione post-Guerra Fredda. Ad esempio, la capacità produttiva di carri armati in Germania è passata da 400 all’anno durante la Guerra Fredda a 50 attuali. L’adozione di tecnologie sofisticate ha ulteriormente allungato i tempi di produzione e aumentato i costi.
La Corsa al Riarmo
Saab, l’azienda svedese, sta lavorando per aumentare la produzione sia in Svezia che in India, mirando anche agli Stati Uniti. La norvegese Kongsberg sta costruendo una nuova fabbrica di missili, mentre in Francia il ministro delle Forze Armate, Sébastien Lecornu, ha annunciato un incremento della produzione dei sistemi di artiglieria Caesar e delle munizioni per l’Ucraina. Mbda ha raddoppiato la produzione di missili Mistral, mentre Rheinmetall in Germania ha firmato un contratto per fornire 150.000 colpi di artiglieria all’Ucraina e ha acquisito l’azienda spagnola Expal Systems per aumentare la produzione. Nonostante questi sforzi, secondo il produttore norvegese di munizioni Nammo, l’Europa non è ancora in grado di aiutare l’Ucraina senza compromettere la propria sicurezza.
La Situazione in Russia e Cina
In Russia, le fabbriche di armamenti, tutte di proprietà statale, operano a pieno regime con turni obbligatori di 12 ore. Putin ha annunciato la creazione di 520.000 nuovi posti di lavoro nel complesso militare-industriale, che ora impiega circa 3,5 milioni di persone, pari al 2,5% della popolazione. I salari per macchinisti e saldatori sono aumentati notevolmente. Questa situazione è stata descritta da Richard Connolly del Royal United Services Institute come una “economia del Kalashnikov”.
Anche in Cina, le principali aziende produttrici di armi sono statali e seguono le direttive del governo. La spesa per attrezzature militari è aumentata da 26,2 miliardi di dollari nel 2010 a 63,5 miliardi nel 2017. Le quattro maggiori società cinesi di armi hanno generato vendite per 56,7 miliardi di dollari nel 2019, rendendo la Cina il secondo maggior produttore mondiale dopo gli Stati Uniti.
In conclusione, la produzione di armi è in forte aumento a livello globale, ma l’Occidente deve affrontare sfide significative per soddisfare la crescente domanda senza compromettere la propria sicurezza. La situazione attuale sembra riportare in auge la “legge del più forte”, con implicazioni profonde per la stabilità e la sicurezza internazionale. È fondamentale, quindi, promuovere e sottolineare l’importanza della pace per evitare l’insorgere di nuovi conflitti.

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