L’eurodeputata di Forza Italia, Lara Comi, è stata recentemente condannata dal tribunale di Milano a quattro anni e due mesi di reclusione nel processo noto come ‘Mensa dei poveri’. Questo processo coinvolge una serie di politici e imprenditori accusati di essere coinvolti in un presunto giro di tangenti. Lara Comi, assistita dall’avvocato Gian Piero Biancolella, è stata coinvolta in questa indagine nel novembre del 2019, quando è stata posta agli arresti domiciliari, successivamente revocati. Le accuse nei suoi confronti riguardano reati di corruzione, emissione di false fatture e truffa ai danni dell’Unione Europea, per un importo di circa 500.000 euro, relativi ai corsi di formazione dei dipendenti dell’Afol, l’Agenzia per la formazione, l’orientamento e il lavoro.
Lara Comi è solo una delle oltre 60 persone coinvolte in questa inchiesta, che comprende sia figure politiche che imprenditoriali. Il pubblico ministero Stefano Civardi aveva inizialmente richiesto una condanna di 5 anni e 6 mesi per Comi, ma questa pena è stata ridotta a 4 anni e 2 mesi, principalmente a causa di una derubricazione del reato di corruzione contestato. In particolare, l’accusa aveva richiesto che l’aggravante dell’aver commesso il fatto in qualità di pubblico ufficiale fosse riqualificata in incarico di pubblico servizio.
Nel corso del processo, è emerso che Diego Sozzani, ex deputato di Forza Italia e presidente della Provincia di Novara nel 2009, è stato condannato a un anno e un mese di reclusione. Tuttavia, diverse persone coinvolte nel caso sono state assolte, tra cui Pietro Tatarella, ex vice coordinatore lombardo di Forza Italia ed ex consigliere comunale milanese, e Fabio Altitonante, ex consigliere regionale lombardo, in quanto il fatto contestato non è stato considerato valido. Oltre a loro, circa 50 altre persone coinvolte nell’inchiesta sono state assolte, tra cui Paolo Orrigoni, ex patron dei supermercati Tigros.
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L’inchiesta è stata soprannominata ‘Mensa dei poveri’ perché alcuni degli imputati si riferivano così a un lussuoso ristorante situato sotto Palazzo Lombardia, dove si sospettava che avvenissero trattative illegali, il pagamento di tangenti e l’assegnazione di appalti pilotati tra Milano e Gallarate. Le indagini hanno rivelato un sistema guidato da Nino Caianiello, ex coordinatore varesino di Forza Italia, che distribuiva incarichi pubblici in cambio del 10% dello stipendio dei beneficiari.
In risposta alla sentenza di condanna, Lara Comi ha dichiarato la sua sorpresa e ha sottolineato che tutti gli elementi emersi durante il processo avrebbero dovuto portare a un’assoluzione. Ha inoltre contestato le accuse di corruzione del direttore generale dell’Afol, basate su dichiarazioni dell’avvocato Maria Teresa Bergamaschi durante l’istruttoria, che, secondo Comi, sono state smentite da prove oggettive, come le conversazioni WhatsApp rinvenute sul telefono di Bergamaschi.
La reazione di Comi alla sentenza
Comi ha anche difeso la sua posizione riguardo alla truffa presumibilmente perpetrata attraverso l’aumento di stipendio di un addetto stampa e degli emolumenti di un collaboratore. Ha sottolineato che sono stati prodotti documenti che attestano l’adeguatezza di tali aumenti in base alle attività svolte dai dipendenti e che questa documentazione è stata confermata da una società multinazionale della comunicazione. Ha annunciato che impugnerà la sentenza, che ritiene ingiusta, e lutterà in ogni sede per dimostrare la sua innocenza.
Nella sentenza, i giudici hanno anche disposto l’interdizione di Lara Comi dai pubblici uffici e l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo di cinque anni. Queste restrizioni si applicano anche ad altri condannati. Le motivazioni complete della sentenza, che includono alcuni capi di imputazione prescritti, saranno rese note tra 90 giorni.