In un acceso comizio a Catania l’anno scorso, Giorgia Meloni aveva paragonato le tasse a un “pizzo di Stato”. Questo commento ha sollevato una forte reazione, in particolare da parte di Corrado Formigli, giornalista e conduttore televisivo, che ha duramente criticato la leader di Fratelli d’Italia.
Meloni ha pronunciato le sue parole nella città natale di Libero Grassi, nato il 19 luglio 1924, un piccolo imprenditore che si oppose alla mafia. Grassi, proprietario di una piccola azienda, rifiutò di pagare il pizzo e scrisse al suo estorsore: “avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di mine e bombe, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia”. Questo atto di coraggio portò all’arresto dei suoi aguzzini, ma il 29 agosto 1991, Grassi fu assassinato dalla mafia a Palermo mentre andava al lavoro senza scorta.
Formigli ha ricordato la storia di Grassi e di altri eroi antimafia, come Francesco Pepi, Vincenzo Miceli, Nicola Gioitta Iachino, Salvatore Mineo, Giovanni Zio, Saverio Ardo, Salvatore Collara, Pietro Partiti, Francesco Alfano e Paolo Bottone. Questi uomini, come Grassi, hanno pagato con la vita il loro rifiuto di sottomettersi alla mafia.
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Il giornalista ha sottolineato che il pizzo è una tangente che la mafia chiede a commercianti e imprenditori, una piaga ancora presente nella società, anche se con minore spargimento di sangue rispetto al passato. A Catania, in particolare, il fenomeno è ancora massiccio. Formigli ha affermato che l’unica forza capace di combattere la mafia è lo Stato. Tuttavia, quando si paragonano le tasse al pizzo davanti ai cittadini in territori dominati dalla mafia, si trasmette l’idea che lo Stato sia simile alla mafia, un estorsore finanziato con le nostre tasse.
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