La nuova stretta sul giornalismo investigativo
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo che inasprisce le limitazioni alla pubblicazione di atti giudiziari da parte dei giornalisti. La legge, definita da molti come un “bavaglio alla stampa”, vieta la divulgazione integrale o parziale di ordinanze cautelari e atti di indagine non coperti da segreto istruttorio, ampliando così le restrizioni già previste dalla normativa presentata dal deputato Enrico Costa.
Marco Travaglio, direttore de Il Fatto Quotidiano, ha reagito con parole forti e decise, annunciando pubblicamente, durante una puntata di Otto e mezzo su La7, che il suo giornale continuerà a pubblicare notizie ritenute di interesse pubblico, anche a rischio di incorrere in procedimenti giudiziari.
“Faremo obiezione di coscienza”: la posizione de Il Fatto Quotidiano
Travaglio ha dichiarato che da domani adotterà una vera e propria “obiezione di coscienza” contro la nuova normativa, pubblicando notizie che, pur non coperte da segreto, rientrano nei confini del divieto imposto dal decreto. “È nostro dovere come giornalisti pubblicare notizie vere, pubbliche e di interesse pubblico”, ha affermato. Ha inoltre annunciato di voler portare la questione davanti alla Corte Costituzionale italiana e alla Corte di Giustizia europea, definendo il decreto “una porcheria che viola i principi fondamentali della giurisprudenza europea e della Costituzione italiana”.
Il giornalista ha sottolineato come questo decreto rappresenti un ulteriore attacco alla libertà di stampa e alla possibilità per i cittadini di accedere a un’informazione trasparente e completa: “Vogliono impedire ai cittadini di sapere cosa ha scritto un giudice e sostituirlo con le nostre parafrasi, che inevitabilmente risulteranno meno precise e attendibili”.
Le implicazioni del decreto
Con questa legge, i giornalisti non potranno pubblicare il testo integrale delle ordinanze cautelari, documenti che, come ha spiegato Travaglio, non sono coperti da segreto in quanto già notificati alle parti coinvolte. La nuova normativa, quindi, impedisce ai cittadini di conoscere le motivazioni e i dettagli delle decisioni giudiziarie, lasciando spazio solo a interpretazioni riassuntive fornite dalla stampa.
“Il cittadino deve poter leggere esattamente quello che ha scritto il giudice”, ha aggiunto Travaglio, “non una versione riassunta, influenzata dalle mie opinioni personali o da quelle di altri giornalisti”.
Un dibattito acceso
Le parole di Travaglio hanno acceso il dibattito su uno dei temi più delicati e controversi dell’attualità italiana: il bilanciamento tra la tutela della privacy e il diritto all’informazione. Mentre il governo giustifica il provvedimento come una misura per proteggere la dignità delle persone coinvolte nei procedimenti giudiziari, i critici lo interpretano come un ulteriore tentativo di limitare il potere della stampa e nascondere gli scandali del potere.
“Chi obbedirà a questa porcheria farà un pessimo servizio ai cittadini”, ha concluso il direttore del Fatto Quotidiano, aggiungendo che il decreto porterà a “un’informazione più approssimativa e meno accurata”.
Leggi anche
ULTIM’ORA – Giovanni Toti arriva la condanna. Ecco cosa dovrà scontare – LA SENTENZA SHOCK
Il capitolo giudiziario che ha travolto Giovanni Toti, ex governatore della Liguria, si chiude con una sentenza emblematica. Il 18
Reazioni politiche e sociali
La decisione del governo e la presa di posizione di Travaglio hanno generato reazioni contrastanti nel mondo politico e nell’opinione pubblica. Da un lato, i sostenitori della legge sottolineano la necessità di limitare gli abusi della cronaca giudiziaria, spesso accusata di spettacolarizzare i processi. Dall’altro, giornalisti, giuristi e organizzazioni per i diritti civili denunciano il rischio di un grave colpo alla trasparenza e alla libertà di informazione.
Le prossime settimane saranno decisive per capire se e come il decreto sarà applicato e se le iniziative legali preannunciate da Il Fatto Quotidiano riusciranno a sollevare un dibattito internazionale sul tema.
Conclusione
In un momento in cui la libertà di stampa è sotto attacco in molti Paesi, il caso italiano rappresenta un banco di prova per le istituzioni democratiche. La scelta di Marco Travaglio di sfidare apertamente il decreto potrebbe segnare un punto di svolta nella lotta per il diritto all’informazione. Tuttavia, resta da vedere quale sarà l’impatto concreto di questa normativa e come reagiranno gli altri media e le istituzioni internazionali.
VIDEO: