La notizia è dell’ultima ora e riguarda la ‘ndrangheta e Roma. Sì, perché si viene a sapere che la ‘ndrangheta guadagnava con i ristoranti, anche nella Capitale. Fin qui niente di nuovo, certo, fatto sta che negli esercizi faceva confluire anche i proventi dello spaccio di droga. Obiettivo? Ripulire i soldi.
Ebbene, nella giornata di ieri, mercoledì 3 maggio, c’è stata un’operazione (Eureka) che ha portato in galera un centinaio di affiliati all’associazione mafiosa e che ha anche certificato la “transnazionalità” delle cosche. Che avevano interessi in otto paesi europei, tra cui la Germania. Ma a Roma la ‘ndrangheta aveva in gestione alcuni ristoranti. Domenico Giorgi, arrestato ieri, era il dominus di un vero e proprio “impero”, composto da una società italiana (la “Caffè In srl”) che controllava il ristorante “Antica Trattoria da Pallotta” di Roma, e da nove società portoghesi con cinque ristoranti in Portogallo, i cui proventi confluivano in una cassa comune e vengono suddivisi tra i soci, anche occulti.
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La parte più interessante di tutta questa storia però riguarda il metodo utilizzato per pulire i proventi. Gli uomini del clan si lamentavano perché l’obbligo del Pos aveva arrecato danni notevoli: «C’abbiamo perso un milione di euro» si legge. Il gip: «I due si lamentano dei pagamenti effettuati tramite Pos, circostanza che limita notevolmente il margine di manovra per distrarre somme dagli incassi della società».
È il 22 novembre del 2021, quando Francesco Giorgi e Francesco Nirta «offrono ulteriori elementi in ordine alle divisioni mensili tra i soci del contante proveniente sia dal circuito dei ristoranti portoghesi, sia dalla gestione del ristorante romano; i due ripercorrono le spartizioni dei mesi precedenti, fino a giungere a quella più recente del mese di ottobre, mensilità durante la quale i quattro membri del gruppo hanno percepito una quota pro capite pari a 16.135 euro».
Si rammaricano: «Nel 2018 – dicono – erano 29mila euro di spartizione, 116mila abbiamo diviso, 29mila euro a testa. Proprio, in assoluto è stato nel 2017, 48mila euro a testa. Ci siamo divisi 194mila euro». E sostengono che un risultato analogo avrebbero conseguito anche nel 2021 senza le chiusure dovute alla pandemia: «Ci ha rovinati, che se era con il lavoro normale, ci saremmo divisi un sacco di soldi».
Ricordate quando Salvini disse che “Chi paga il caffè con la carta di credito è un rompipalle”? Per fortuna che il Pos c’è e che ha permesso di tamponare anche i proventi di questi criminali, chissà se il caro Salvini se ne ricorderà la prossima volta che gli verrà da commentare frasi del genere sull’utilizzo del Pos nei bar e nei ristoranti.