Secondo un retroscena di Repubblica, il Guardasigilli Carlo Nordio ha ripetutamente sostenuto, anche in Europa, che l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio sarebbe compensata da altri 17 reati di corruzione. Tuttavia, questa affermazione è stata smentita dal caso di Rosanna Natoli, consigliera del CSM, indagata proprio per abuso d’ufficio. La coincidenza vuole che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, debba firmare il disegno di legge che elimina il reato, lasciando un vuoto normativo.
Il Presidente Mattarella si trova in una posizione delicata, poiché da un lato deve valutare la legge approvata dal Parlamento e dall’altro deve gestire la situazione all’interno del CSM, dove avrebbe chiesto al vice presidente Fabio Pinelli di intervenire per la rimozione di Natoli. Pinelli, però, sembra anteporre il suo ruolo politico a quello istituzionale, non sollecitando l’uscita di Natoli, che rimane al suo posto nonostante le indagini in corso.
La Procura di Roma indaga Natoli per abuso d’ufficio e rivelazione di segreto professionale a seguito di un incontro a Paternò con la magistrata sotto inchiesta disciplinare Maria Fascetto Sivillo. Il 7 luglio, la Camera dei Deputati ha votato per l’abrogazione dell’abuso d’ufficio. Se Mattarella firmasse la legge, il reato contestato a Natoli verrebbe abolito, eliminando la possibilità di perseguire il suo presunto abuso di funzione come consigliera del CSM.
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Il Quirinale avrebbe già imposto al governo di correggere il disegno di legge, inserendo nel decreto sulle carceri il peculato per distrazione, ma il caso Natoli evidenzia un vuoto normativo ancora più grave. Questo “buco” nel codice penale, negato da Nordio, è emerso chiaramente attraverso le critiche di giuristi come Gian Luigi Gatta, docente di diritto penale all’Università Statale di Milano. Questi esperti hanno più volte sottolineato le lacune della riforma, ma le loro preoccupazioni sono state ignorate fino al voto definitivo.
Il caso Natoli, che giunge proprio alla vigilia della possibile firma del Presidente, pone ulteriori interrogativi sull’efficacia della riforma e sul rischio di lasciare comportamenti illeciti senza adeguata sanzione penale. La situazione attuale obbliga a una riflessione profonda sulla protezione legale contro gli abusi di ufficio e sul ruolo delle istituzioni nel garantire l’integrità del sistema giuridico italiano.